Modena, 5 luglio 2024 – Il comandante della polizia locale di Reggio Emilia Stefano Poma è stato risentito in tribunale per chiarire alcuni aspetti delle indagini. Poi le parti si sono di nuovo confrontate, ribadendo le proprie richieste. Per un 61enne modenese, accusato di essere uscito dagli uffici municipali i Reggio in orario di lavoro per sbrigare faccende personali, e licenziato dal Comune, il pubblico ministero aveva chiesto un anno di reclusione e 600 euro di multa.
L’avvocato difensore Leonardo Teggi aveva domandato l’assoluzione, in subordine la non punibilità per tenuità del fatto o il minimo della pena. Il giudice Silvia Semprini ieri ha emesso la sentenza: lo ha condannato a 9 mesi e 10 giorni per truffa, con la sospensione condizionale della pena, e riconoscendo le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di aver commesso il fatto ai danni del Comune di Reggio, con l’abuso di relazione di prestazione d’opera.
Secondo la ricostruzione accusatoria, l’uomo, dipendente assegnato alla Protezione civile, avrebbe procurato un danno alle casse del municipio di 1.426 euro tra l’8 agosto e il 13 settembre 2018: gli viene contestato di aver certificato falsamente la propria presenza sul luogo di lavoro attraverso il marcatempo, allontanandosi senza fare le dovute timbrature.
L’inchiesta è nata dopo che era stata accertata una manomissione del marcatempo negli uffici della Protezione civile, per la quale non fu individuato l’autore. Furono installate telecamere sul lettore dei cartellini e contemporaneamente gli agenti della polizia locale lo pedinarono, scoprendo che lui usciva senza marcare e poi andava a fare la spesa, stava al bar o al parco per leggere, raggiungeva la biblioteca o negozi.
Il comandante Poma aveva ha spiegato che il lavoratore poteva uscire per fare il compito lavorativo di mappare i sottopassi senza timbrare.
Ma fu verificato, seguendolo, che lui non andava a fare quest’attività. Per la Procura, il raggiro sta nel fatto di non aver timbrato il cartellino quando usciva per le proprie esigenze personali.
L’avvocato Teggi aveva argomentato che fosse fuori discussione che lui uscisse per attività private, ma aveva sostenuto che la polizia locale lo pedinò per poco più di un mese, quando invece sarebbe bastato qualche giorno. E che il 61enne nelle certificazioni diceva di aver presenziato al luogo di lavoro, ma lo attestò nei giorni in cui il timbratore non funzionava: quindi, a suo avviso, non vi fu alcun artificio. Dopo il deposito delle motivazioni, previsto tra 90 giorni, la difesa potrà valutare se impugnare la sentenza.