STEFANO MARCHETTI
Cronaca

’Fedora’, è un atteso ritorno firmato Pizzi: "Opera di grande teatro, la musica al centro"

L’ultima volta è stata rappresentata nella nostra città in un’indimenticabile serata del febbraio 1995 con Mirella Freni e Placido Domingo. Stasera e domenica sarà al Comunale portata dal Maestro: "La storia come un giallo, somiglianze con la ’Tosca’". Dirige Aldo Sisillo.

’Fedora’, è un atteso ritorno firmato Pizzi: "Opera di grande teatro, la musica al centro"

Abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l’incantevole serata del 5 febbraio 1995 quando Mirella Freni e Placido Domingo ci regalarono la magia della loro ’Fedora’. Da allora l’appassionata opera di Umberto Giordano non è stata più rappresentata a Modena, ma l’attesa ormai è finita. Sarà proprio ’Fedora’ ad aprire la stagione lirica del teatro Comunale Pavarotti Freni (stasera alle 20 e domenica 15 alle 15.30) in un nuovo allestimento – coprodotto dai teatri di Piacenza e Modena – con la regia, le scenografie e i costumi di un ammiratissimo Maestro del teatro italiano, Pier Luigi Pizzi, splendido 93enne, affiancato da Massimo Gasparon che firma anche le luci, Serena Rocco e Lorena Marin. L’Orchestra Filarmonica Italiana sarà diretta dal maestro Aldo Sisillo, e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è preparato da Corrado Casati. Nei ruoli principali, Teresa Romano (l’opera infatti verrà eseguita nella versione per mezzosoprano prevista dal compositore) e Luciano Ganci, con Yuliya Tkachenko, Simone Piazzola, Paolo Lardizzone. "Ritorno a Fedora dopo più di quarant’anni. Fu una delle mie prime regie d’opera, e oggi la affronto con una diversa convinzione", rivela Pier Luigi Pizzi.

Maestro, cosa è cambiato da allora?

"In quel periodo ero più proiettato verso un altro repertorio, Mozart, il teatro barocco. L’opera verista mi attraeva meno: mi sembrava che fosse tutto già scritto nella musica e tutto così preciso, al punto che fosse difficile immaginare qualcosa di diverso".

E oggi?

"Mi sono ricreduto. ‘Fedora’ è un’opera di grande teatro, tratta da un dramma di Sardou che fu portato al successo anche da Sarah Bernhardt. La storia è come un giallo, un dramma poliziesco, ha anche elementi di somiglianza con ‘Tosca’ che apparve due anni più tardi. E in questo teatro mi riconosco pienamente".

Come sarà quindi questa sua nuova ’Fedora’?

"Vi applico la mia attuale tendenza a dare sempre grande spazio alla musica. È la musica la struttura portante dell’opera, mentre invece a volte sembra che venga considerata soltanto una colonna sonora. L’intenso periodo di prove a Piacenza ha permesso di affinare l’atmosfera e la relazione fra i personaggi, lasciando sempre che sia la musica a dare senso a tutta la costruzione".

La protagonista Teresa Romano ha un ruolo forte...

"Sì, Teresa ha un viso bellissimo e una gestualità che mi ricordano Eleonora Duse. Le ho chiesto dunque di tenerla come modello per dare ancor più credibilità al personaggio della principessa. In generale, invito tutti gli artisti a vivere l’opera, non solo a cantarla".

Nella sua autobiografia, ’Non si può mai stare tranquilli’, lei ricorda quattro principi del suo stile: logica, estetica, rigore, ironia. Qual è la sintesi? "Tutto si riassume nel rispetto dell’opera da rappresentare, e nella ricerca costante della bellezza e dell’armonia, con l’impegno di trasmettere emozioni". ’Fedora’ arriva al teatro dedicato a Luciano Pavarotti e Mirella Freni. Lei ha lavorato con entrambi: quali ricordi ne conserva?

"Con Mirella realizzai alcune grandi opere, come il ‘Don Carlos’ a Vienna nel 1989 diretto da Claudio Abbado, ma la rammento anche splendida Marguerite nel ‘Faust’ a Monaco. Aveva il dono di una voce straordinaria e sapeva anche lasciarsi guidare a costruire il personaggio che doveva portare in scena: non aveva la presunzione di imporsi e per questo era bellissimo lavorare con lei. Anche Pavarotti era carismatico e strepitoso nel canto: lo ricordo in particolare in uno dei miei primi spettacoli, i ‘Lombardi’ a Roma (autunno 1969), con Renata Scotto e Ruggero Raimondi, e la direzione di Gianandrea Gavazzeni. La sua voce era unica e subito riconoscibile, tuttavia a volte Luciano era in generale refrattario alle indicazioni del regista, deliberatamente rinunciatario. In ogni caso due grandi protagonisti nella storia del nostro Teatro Lirico".