di Stefano Marchetti
C’è un pezzetto di Fantozzi in ciascuno di noi, "ed è per questo che continua a essere tanto amato", osserva Elisabetta Villaggio, figlia di Paolo, il grande attore (scomparso nel 2017) che ha legato il suo volto alla figura del ragionier Ugo, tartassato dai capi, umiliato dai colleghi, bastonato dalla vita, ma sempre pronto a ripartire. A più di cinquant’anni dall’uscita del libro (che diede il via alla straordinaria serie di film), Fantozzi è entrato nel patrimonio collettivo: ma dietro la maschera c’è sempre stato l’uomo, Paolo Villaggio, artista e fine intellettuale che teneva Kafka sul comodino, faceva leggere Dostoevskij ai figli e trascorreva serate con l’amico Faber De André. Domani sera alle 21 al Pala Round di San Felice, Elisabetta Villaggio (insieme all’attore Gianni Fantoni) racconterà suo padre in un simpatico incontro dal titolo ’Fantozzi dietro le quinte’, con il sostegno della banca SanFelice 1893: sarà uno degli eventi (l’unico ‘in trasferta’ da Mirandola) della giornata inaugurale del "Memoria Festival". Il PalaRound verrà allestito con scenografie e oggetti che ricordano i film di Fantozzi, la mitica Bianchina o la scrivania con la calcolatrice, mentre l’Ensemble Accordeon e i ragazzi della Scuola di musica Andreoli (diretti da Manuela Turrini e Leonora Milovanova) eseguiranno le celebri ballate di Fantozzi. La serata rappresenta anche l’anteprima di un evento in programma per domenica 1° ottobre, quando San Felice diventerà "Villaggio Fantozzi" e 250 figuranti, nei panni dei personaggi dei film, dalla Signorina Silvani al Ragionier Filini, passeggeranno per le strade.
Elisabetta, a suo padre lei ha dedicato un libro che porta lo stesso titolo della serata. Come lo definirebbe?
"Di sicuro folle, di una follia intelligente. Mio padre era un uomo di profonda cultura, amava i grandi classici e li ha fatti amare anche a me a e mio fratello. Un uomo curioso, indipendente, con mille interessi. Un suo punto debole? Era poco manuale e negato per la matematica. E ha avuto un rapporto particolare, spropositato con il denaro: l’ha goduto, e talora l’ha buttato, anche con generosità".
Fantozzi era un perdente. Eppure gli italiani continuano a volergli bene...
"I personaggi delle storie di Fantozzi hanno qualcosa di Paperino, eppure alla fine io credo che risulti un vincente, perché resta delle sue idee, è buono, corretto e coerente. In fondo a ognuno di noi capita di fare cose alla Fantozzi, a me per prima".
Ma oggi, con il politicamente corretto, potrebbe ‘rinascere’ un Fantozzi?
"Non so... A volte però trovo delle affinità con il personaggio di Zerocalcare: anche lui prende bastonate in testa dalla vita, è un solitario, si getta in queste lotte intime contro il mondo di cui ha un’idea romantica. E ha tanti amici a cui è legato, come Fantozzi a Filini".
Fra i grandi amici di papà, c’era De André.
"Praticamente uno di famiglia. Mio padre e Fabrizio si conoscevano fin da piccoli, anche se avevano qualche anno di differenza. A volte si sentivano due pesci fuor d’acqua, venivano da famiglie più orientate agli studi classici, entrambi erano iscritti a Legge che però non amavano. Erano due artisti, anche due tiratardi, due persone allegre e di grande genialità".
Ed è vero che è nata a casa vostra anche "La canzone di Marinella"?
"È possibile. Di certo ricordo che, quando andavo a dormire, mia madre non mi raccontava una favola classica, ma spesso mi ripeteva la storia di Marinella, certamente edulcorata..."
Si è mai stancato di essere identificato in Fantozzi?
"No, mai. Anche perché grazie a Fantozzi era davvero arrivato alla gente. Lo considerava un suo terzo figlio, e a volte diceva ‘Sulla mia tomba scriveranno Fantozzi’...".
Esistono inediti di suo padre?
"Fra i suoi materiali abbiamo trovato una bozza di romanzo, appena iniziato. Mio padre scriveva tanto, sempre a mano, e aveva una calligrafia pessima. Non so quale sia la trama di questo lavoro. La mamma però lo custodisce e non vuole pubblicarlo".