REDAZIONE MODENA

"Famiglia unita, un trauma la malattia della madre"

Una famiglia unita e di persone per bene, esemplare e lavoratrice, sconvolta dal dramma che ha coinvolto i nipoti: uno ucciso dall'altro. La giustizia deciderà, ma la famiglia ricorda con orgoglio i due ragazzi.

"Famiglia unita, un trauma la malattia della madre"

"Una famiglia esemplare. Una famiglia onesta, di lavoratori. Io ero orgoglioso dei miei nipoti. Per il resto, ci penserà la giustizia. Ma la nostra è sempre stata una famiglia unita e di persone per bene". Lo zio Giancarlo Cappucci è sconvolto per il dramma che ha coinvolto i nipoti Emore e Uber (figli di suo fratello Osvaldo) e la cognata Anna.

Emore sarebbe stato ucciso insieme alla mamma Anna Malmusi, 88 anni, proprio dal fratello, Uber. Giancarlo, 82 anni, (il cui cognome riporta due P, contrariamente a quello dei nipoti, a causa di un errore dell’anagrafe), tecnico motorista della Ferrari e cameraman amatoriale, descrive una famiglia gioiosa e sempre pronta ad aiutare il prossimo.

"Mio fratello purtroppo è deceduto nel 2005 – racconta – ma io ho vissuto con questa famiglia fino al 1967, quando mi sono sposato. Prima vivevamo sotto lo stesso tetto. Io e mio fratello abbiamo aperto un’officina nel 1950, in via Selmi, a Vignola, dopo di che ho presentato domanda alla Ferrari e sono entrato, continuando a fare il meccanico ma anche ad aiutare Osvaldo in officina. Siamo stati sempre in ottimi rapporti e quando Anna è rimasta sola, siamo rimasti in contatto. Non c’era la possibilità di frequentarci abitualmente, certo, ognuno aveva la propria vita ma i rapporti sono stati sempre cordiali. L’avevo sentita prima che cadesse, circa due mesi fa – continua Cappucci –. Poi si è rotta il femore: era venuta da me con Emore e avevamo parlato del più e del meno ma soffriva di amnesie. Quindici giorni fa, al mercato del giovedì, ho incontrato Uber ed Emore: erano insieme e quando mi hanno visto, mi hanno fatto ‘festa’. ‘Zio, come stai?’ – mi hanno chiesto – e ho detto loro che presto sarei andato a trovare anche Anna. Mi hanno detto che mi aspettavano. Apparivano tranquilli e gioiosi. Per questo non avrei mai immaginato che potesse capitare una cosa del genere. Credo che quanto accaduto alla loro mamma, la caduta e i successivi problemi, abbia rappresentato per loro un trauma. Li ho allevati io quei ragazzi e Anna stravedeva per i figli: andavo spesso a pranzo da loro la domenica perchè Anna, la domenica, li voleva a casa, a pranzo insieme e questo fino a che è stata bene.

Era una cantante negli anni sessanta (a sinistra Anna in una foto d’epoca): sembrava Milva, aveva una grande voce, strepitosa – racconta ancora Cappucci – ma proprio per restare con i figli, aveva rinunciato alla carriera. Allora la portavo io in giro: aveva una voce eccezionale. Quando ho lasciato il negozio era lei a gestire i conti e dopo Emore, che affiancava il padre. Cosa posso dire oggi?

Che non so cosa sia accaduto ma sono certo di essere stato sempre orgoglioso di quei due ragazzi. La nostra famiglia è sempre stata onesta, di lavoratori: esemplare. Per il resto sarà la giustizia a decidere".

Valentina Reggiani