L’ultimo appuntamento del ‘Masterclass Tour’ in vista del film ‘Non sono quello che sono’ di Edoardo Leo ha raggiunto ieri pomeriggio l’Università di Modena e Reggio Emilia e ha coinvolto circa 350 studenti in un confronto aperto su temi quali violenza di genere, maschilismo e femminicidio, reinterpretati attraverso la moderna rilettura di Otello realizzata dal regista e attore romano. L’incontro fa parte del percorso che anticipa l’uscita della pellicola prevista per il 14 novembre e, patrocinato dalla Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità e con il sostegno della Conferenza dei Rettori e delle Rettrici delle Università Italiane, ha toccato diversi atenei del Paese. Ambientato nei primi anni 2000, il film si snoda in un intreccio di inganni, tradimenti e gelosia, e intraprende una profonda riflessione, quanto mai attuale, sui sentimenti e le ossessioni umane.
"Ho semplicemente cercato – chiarisce Leo – di tradurre Otello in termini contemporanei. Sono convinto che, se la tragedia di Shakespeare, scritta nel 1604, risulta ancora attuale oggi, significa semplicemente che, se da un lato sono cambiate le leggi, l’uomo è rimasto identico a se stesso. L’idea che ha dato vita a ‘Non sono quello che sono’ è nata mentre leggevo un caso di femminicidio-suicidio e mi è capitato di pensare che si trattasse di una sinossi perfetta dell’Otello, nella misura in cui questa tragedia riesce a rappresentare perfettamente ciò che accade quando nel rapporto di coppia si entra nel vortice della gelosia ossessiva".
Nel confronto con gli studenti, il regista romano ha ricordato quanto la tematica della violenza di genere sia vicina al loro quotidiano più spesso di quanto siano portati a credere. "A partire da venerdì scorso – racconta Leo – mentre incontravo tanti studenti per parlare di questi temi, quattro donne sono state uccise. Ciò che dobbiamo capire è che la prossima vittima potrebbe essere una persona che conosciamo". Benché nel ‘Masterclass Tour’ Leo abbia incontrato principalmente gli universitari, la pellicola è rivolta a tutti, in particolare agli adulti.
"Credo che i principali destinatari delle tematiche di ‘Non sono quello che sono’ – dichiara il regista – non siano soltanto i giovani, ma anche e soprattutto i miei coetanei. I dati parlano chiaro: abbiamo visto tutti che nella maggior parte dei femminicidi, sempre più frequenti negli ultimi mesi, chi uccide ha spesso un’età più vicina alla mia che a quella degli studenti a cui parlo".
Non è mancato, durante l’incontro, un approfondimento sul linguaggio cinematografico e sulle scelte di traduzione: ‘Non sono quello che sono’, infatti, usa il dialetto, specialmente quello romano, per rendere il testo più autentico e vicino al pubblico.
"Per immergere l’Otello nel contemporaneo – conclude il regista – ho pensato che fosse utile tradurlo in una lingua vicina alla nostra. Se può sembrare che alcuni dialoghi siano volgari, è bene ricordare che, già nell’Otello, a partire da metà della tragedia, Desdemona viene screditata costantemente dal punto di vista sessuale. Anche questo tratto meramente linguistico, nonostante siano trascorsi 400 anni dalla stesura della tragedia, è ancora tristemente attuale".