di Paolo Tomassone
Negli ultimi due anni le forze sono cominciate a venire meno, il diabete lo stava sfiancando. Un tormento. Dopo aver messo in cantina il suo inconfondibile motorino don Gregorio Luigi Colosio ha continuato a dare tutto se stesso per gli altri, mettendosi a disposizione per le confessioni in duomo e nella parrocchia di San Pietro. Ore e ore ad ascoltare gli altri, le loro confidenze, le loro preoccupazioni. Venerdì sera ha chiuso il suo capitolo qui sulla terra, accerchiato dall’affetto dei sei confratelli che vivevano con lui e delle tante persone che hanno percorso un tratto di strada in sua compagnia, prima a Vigolo in provincia di Bergamo dove è nato il 27 aprile 1938, poi a Modena dove è stato ordinato sacerdote il 14 settembre 1966.
"È stato sereno fino alla fine. Tutti lo ricordiamo per la sua generosità, l’apertura di cuore e il carattere gioviale – dice don Stefano De Pascalis, priore del monastero di San Pietro –. Quando l’ho conosciuto 25 anni fa mi sono sentito subito accolto, perché lui era così: ti faceva sentire sempre a casa tua. Fino all’ultimo si è reso disponibile a confessare; anche fuori dall’orario stabilito, appena sentiva il campanello si recava in chiesa". Burbero per i primi cinque secondi, il tempo di studiare lo sguardo dell’interlocutore, e poi subito gioviale. Metteva tutti sullo stesso piano: i poveri che frequentavano la mensa e i locali della Caritas e i rappresentanti delle istituzioni. Compreso il vescovo don Erio Castellucci che lo ricorda così: "Don Gregorio era unico nel suo entusiasmo, nella sua cordialità e in quell’approccio fanciullesco a tutte le cose. Sembrava un eterno innamorato del Signore, uno di quelli che sentono la sua parola ardere continuamente nel cuore. È stato un testimone della passione esagerata di Dio per gli uomini". Nella sagrestia di San Pietro, dove ieri pomeriggio è stata allestita la camera ardente, un silenzio straziante. Non trattengono le lacrime i monaci e tutti quelli che hanno condiviso con lui tanti progetti come aprire una mensa per i poveri, dentro le mura del monastero benedettino o di avviare l’esperienza della Caritas in parrocchia per mettersi in ascolto delle persone più bisognose. In città per una preghiera e per l’ultimo saluto anche tante donne arrivate a Modena come badanti alla fine degli anni 90, che hanno trovato in questi locali un appoggio e un punto di riferimento. "Ha messo l’accoglienza degli ultimi, soprattutto degli stranieri e degli emarginati, al centro della sua azione pastorale. Alla città mancherà il suo esempio" spiega il sindaco Muzzarelli. In San Pietro saranno celebrate le esequie martedì alle 9.