REDAZIONE MODENA

Dietro le quinte del fast fashion. Affari per 26 miliardi di dollari

Gli studenti della scuola Ferrari di Maranello analizzano la trasformazione del mondo della moda. Vestiti di bassa qualità a prezzi ridotti. "I lavoratori dei paesi poveri sono sempre più sfruttati" .

Gli studenti della classe 3^ G della scuola Ferrari di Maranello che hanno realizzato gli articoli sul tema del fast fashion.

Gli studenti della classe 3^ G della scuola Ferrari di Maranello che hanno realizzato gli articoli sul tema del fast fashion.

Oggi possiamo rifarci il guardaroba ogni stagione! È questo il mondo del fast fashion o moda veloce: il settore dell’abbigliamento che realizza abiti di bassa qualità a prezzi super ridotti e che oggi ha un valore di mercato pari a 26 miliardi di dollari. Tuttavia, se da una parte il costo ridotto dei vestiti favorisce il mercato ricco del nord del mondo, dall’altra, nei paesi più poveri si riscontrano diversi problemi: primo fra tutti è lo sfruttamento degli operai. Essi vengono sottopagati e costretti a lavorare in ambienti poco sicuri con la promessa di un buon salario, di tre pasti al giorno e di un alloggio confortevole. La realtà è diversa: lavorano in condizioni pietose senza alcuna protezione, molti muoiono prima dei 50 anni. A catturare l’attenzione dell’opinione pubblica su tale problema fu il tragico evento del Rana Plaza, avvenuto il 24/04/2013 in Bangladesh. Questo edificio, crollato a causa del peso dei macchinari tessili collocati nei 4 piani abusivi, ha causato la morte di 1129 persone. Infatti, il proprietario dello stabile, Sohel Rana, obbligò i dipendenti a presentarsi al lavoro, nonostante fosse stato avvertito di evidenti difetti strutturali; il giorno dopo l’edificio crollò. Questo evento aprì gli occhi di molte persone sul mondo del fast fashion, sulle modalità di produzione delle grandi catene della moda come Zara, H&M, Shein, e sullo sfruttamento di uomini, donne e bambini. Oltre alle condizioni di lavoro disumane, sono gravissimi anche gli effetti sull’ambiente: l’industria tessile è identificata come una delle principali cause dell’inquinamento delle acque, infatti circa 500.000 tonnellate di microplastiche vengono disperse annualmente negli oceani. Quanto all’utilizzo della risorsa-acqua, nei paesi degli ’sweatshop’; se ne fa un grande spreco nelle fasi lavorative delle stoffe, ciò comporta pesanti carenze di acqua per la vita quotidiana e per la salute dei cittadini. Ultima ma non meno grave conseguenza è l’immensa quantità di vestiti buttati che va ad inquinare le terre dei paesi più poveri come il deserto di Atacama in Cile dove ogni anno arrivano migliaia di tonnellate di vestiti usati e invenduti provenienti dal nord del mondo. Classe 3G I.C. Ferrari di Maranello Martina Guastafierro Giorgia Leonelli Sofia Visciano