Modena, 14 novembre 2024 – Giornalisti fuori dal tribunale. E’ stata un’udienza ‘chiave’, ieri, per il processo contro Mohamed Gaaloul, unico imputato per il delitto di Alice Neri.
Dopo due anni dalla morte della donna – ammazzata a coltellate il 17 novembre del 2022 – ieri in aula sono stati sentiti testimoni di estrema importanza, come il cosiddetto terzo uomo, il collega con cui Alice ebbe una relazione.
Eppure l’udienza si è svolta a porte chiuse. Ad intervenire sulla decisione della corte, l’Associazione stampa Emilia-Romagna. “Spiace constatare come in Tribunale a Modena permanga ancora un clima di diffidenza nei confronti dei giornalisti e del loro ruolo nell’informare l’opinione pubblica. Il giudice Ester Russo ha infatti accolto la richiesta della Procura di estromettere i giornalisti dall’udienza. Porte chiuse dunque per gli interrogatori del cosiddetto terzo uomo e di una conoscente dell’imputato. Una decisione, che penalizza il lavoro di tanti colleghi impedendo l’accesso diretto a una fonte di informazione primaria e imparziale. Una scelta maturata nonostante video operatori e fotografi siano già stati esclusi fin dall’inizio del processo. Vietando ai giornalisti anche solo di ascoltare il dibattimento, si rischia di compromettere non solo il lavoro degli operatori dell’informazione mettendo in discussione la libertà di stampa, ma si danneggia inoltre l’opinione pubblica minando il diritto ad una corretta e approfondita informazione”.
Pur non essendo in quel momento presente in aula, l’avvocato Luca Brezigar che rappresenta la figlia della vittima precisa: “E’ un tema che occorre approfondire, guarderò la motivazione dell’ordinanza – afferma – I giornalisti dovrebbero fare quello che hanno sempre fatto: partecipare ai dibattimenti per rendersi conto di come va il processo proprio perché si assiste ad un contraddittorio”.
Teste chiave, appunto, in aula ieri quello che da sempre viene definito il terzo uomo, ovvero il collega di Alice Neri con il quale la vittima avrebbe avuto una relazione e un’amica di Gaaloul, la donna che l’imputato contattò la notte del delitto prima dell’incontro con la vittima. “Quella del collega di Alice è una testimonianza attesa ma di rilevanza relativa – spiega l’avvocato dell’imputato, Roberto Ghini – anche oggi è emerso come le indagini siano state fatte con modalità ad imbuto. Inoltre per quanto riguarda l’amica del mio assistito non è emerso alcun collegamento illecito”.
Altro tema importante, la mancanza dell’estrapolazione dei dati dal telefonino di Mohamed. “Sulla copia forense del telefono del mio assistito c’erano le password per accedere al Cloud – sottolinea Ghini – l’ho disposto con perizia su nostra richiesta alla Corte, nonostante le opposizioni. Richiesta che è stata accolta. Ho individuato in questi giorni le password: bastava cercarle e dal Google take out può emergere tutto. Mi chiedo con che attenzioni sono state svolte le indagini: se è stato attivato il posizionamento quella notte si può estrapolare”.
L’avvocato della famiglia della vittima, Cosimo Zaccaria ha spiegato come nel corso dell’udienza sia stata dimostrata l’estraneità del terzo uomo: “Siamo soddisfatti dell’esito dell’udienza; a nostro avviso è definitivamente crollata la pista alternativa del cosiddetto terzo uomo. Come conseguenza, tutte le prove si stringono ancora di più contro il sig Gaaloul. Il luogo in cui è stata barbaramente uccisa Alice è stato teatro di altri atti gravi da parte dell’imputato a danno di un’altra donna. Ancora una volta emerge un quadro drammatico che rende ancora più atroce la sofferenza dei familiari di Alice”.