Modena, 13 dicembre 2020 - "Visto che il Covid mi ha preso tanto, qualcosa mi deve pur dare indietro. Ed è la vita". La sua forza, il suo spirito da guerriero commuove. A febbraio, quando finalmente sarà dimesso dall’ospedale, raggiungerà il triste traguardo di poco meno di un anno di ricovero. A parlare, a lanciare un monito soprattutto ai giovani è Mario Botti, 76 anni, entrato in rianimazione dopo aver contratto il Covid lo scorso 18 marzo. Un vero e proprio sopravvissuto, soprannominato dai dottori del Policlinico ’Highlander’. L’ultimo step è quello della riabilitazione a Baggiovara poi, forse, a casa.
Cosa ricorda del primo ricovero, a marzo? "Era il 18 e mia moglie era già ricoverata da due giorni. Mia figlia si è accorta che avevo la febbre alta e mi ha portato in ospedale. I dottori arrivavano alla spicciolata e mi chiedevano se respirassi. Io rispondevo: certo che respiro".
Poi è peggiorato... "Ho i il vuoto totale. Avevo bisogno di tanto ossigeno: la saturazione era scesa a venti. Poi mi hanno messo un casco che io chiamo lo scafandro. Poi, però, da quel momento non ho più contezza di nulla se non dell’arrivo a Gaiato. E’ come se non fossi esistito per tutto quel tempo. So che avevo una forte fibrosi ai polmoni, il sistema immunitario azzerato, emorragie gastriche e danni muscolari ma me lo hanno detto gli altri".
Però tutti si ricordano di lei. "Appena arrivato a Baggiovara, dopo la riabilitazione a Montecatone il capo terapista mi ha detto: noi ci conosciamo, lei era in terapia intensiva. Ho pensato: allora è vero. Mia figlia Barbara mi ha raccontato come fossi così debilitato da non poter essere operato. In pochi pensavano che ne sarei uscito. Invece eccomi qua. Mia figlia ha insistito tanto nonostante i medici le dicessero che forse, e dico forse sarei sopravvissuto solo attaccato alle macchine. Sono qua a parlare con lei e di macchine attaccate non ne ho neppure una".
Dalla rianimazione a Gaiato: come è andata? "Ho iniziato a capire di essere vivo in quel momento. Prima nella mia testa c’è il buio totale. Mi somministravano ancora ossigeno. Mi muoveva il terapista; ero paralizzato. Via via ho iniziato a muovere qualche dita, il braccio. Ho iniziato a funzionare insomma. Ora attendo che le gambe rispondano".
Com’era la sua vita prima del Covid? "Ogni mattina alle 6 ero in ditta. Ora, a causa del l Covid ho dovuto vendere marchio e commerciale. Ero l’uomo più contento del mondo: avevo 37 dipendenti e 8500 metri di capannone che giravo velocemente in bicicletta, così controllavo tutti. Poi ho beccato ‘la bestia’. Usavo la mascherina ma prestavo poca attenzione al resto. Oggi posso dirlo perchè l’ho provato: ragazzi, state attenti, è veramente una brutta bestia".
Come si sente oggi? "Sinceramente? Come un 20enne ma quando cerco di mettere i piedi giù dal letto gli anni tornano 76. La voglia di fare, però, è incredibile e fino a che non riprendo a camminare io a casa non ci vado. La mia vita voglio riprendermela dopo che il virus un anno se lo è portato via".