"Così la mia Uyba ora fa paura a tutti"

Il tecnico modenese Enrico Barbolini alla guida di Busto Arsizio in A1 femminile "Ho lavorato molto sull’empatia e la fiducia reciproca. Sono arrivati i risultati".

"Così la mia Uyba ora fa paura a tutti"

Il tecnico modenese Enrico Barbolini alla guida di Busto Arsizio in A1 femminile "Ho lavorato molto sull’empatia e la fiducia reciproca. Sono arrivati i risultati".

È una carriera lunghissima quella di Enrico Barbolini, partita da lontano, innanzitutto come alazatore di buonissimo livello in serie C tra Corlo e serie B2 a Casinalbo e altre piazze storiche modenesi e poi come allenatore, a rimpallo tra maschile e femminile prima di lanciarsi definitivamente in serie A con le donne una decina di anni fa, nello staff dell’allora Liu Jo. Non era mai stato il primo allenatore di una squadra di serie A1, però, e l’occasione è arrivata prima sul finire della scorsa stagione e poi all’inizio di questa, con Busto Arsizio. Dopo tre sconfitte consecutive nelle prime tre giornate, la giovane Busto si è sbloccata contro Scandicci e poi ha fatto suoi scalpi importanti, vincendo quattro delle ultime cinque partite di campionato, cedendo solo 3-2 alla Milano di Egonu e letteralmente asfaltando Novara 3-0 domenica scorsa. Ora l’Uyba è settima in classifica, e fa paura a tutti.

Barbolini, cosa sta succedendo?

"Onestamente? Non lo so. Mi sono ritrovato a iniziare a maggio come assistente di Caprara e sono convinto che si sia sempre fatto un ottimo lavoro, anche prima. Poi c’è stato un allontanamento non consensuale di Caprara, ho preso in mano la squadra. Avevo la fortuna di consocere bene questo gruppo, ma cosa sia successo non me lo spiego bene nemmeno io".

Cosa ha fatto nel momento in cui è diventato head coach?

"Ho pensato che la strategia migliore fosse fermarsi, guardare chi avevo di fronte, e spremere il meglio dalle mie giocatrici. Che comunque sono forti, abbiamo lavorato più sull’empatia che sulla tecnica e sulla tattica. C’è una fiducia reciproca che non ci fa discutere troppo sulle scelte. Per ora è andata bene, vedremo il futuro perché da migliorare e lavorare c’è sempre".

E in questo clima sono nati i successi su Scandicci e Novara, due corazzate?

"Oggi siamo in fiducia tutti, staff e giocatrici. Questo ti permette di fare prestazioni come quelle contro Novara, sperate sì ma inaspettate in maniera così eclatante".

Lei è arrivato a Busto dopo il rocambolesco addio di Velasco: cosa rappresenta per lei?

"Tanto. Arrivai alle giovanili della Panini mentre lui era l’allenatore della prima squadra. Incarna almeno gli ultimi trent’anni di questo sport, li ha vissuti tutti sotto varie forme e se dovessi scegliere un nome solo, lui è quello che ha segnato più di tutti questa epoca: da un punto di vista comunicativo, tattico, di gioco. Un’ispirazione per me e per tanti, credo".

Insomma, un pioniere, un inventore?

"Il volley è diventato uno sport all’avanguardia nella gestione dei gruppi, nel team building, nelle statistiche: lui ha preso da altri, ha migliorato, ha inventato, sì".

Cosa ha trovato a Busto, che ambiente?

"Una realtà che frequentava quei palcoscenici da tempo, che rappresenta la continuità a questo livello nel volley femminile. Con anche un bel tifo".

E cosa si porta dietro della lunga gavetta tra Modena e Sassuolo, anche al maschile?

"Tante cose, ma credo di essere cambiato così tanto da non riuscire a darmi una definizione da solo. Sono più artigianale rispetto ad altri, ma ho la passione che mi ha instillato questa città".

Alessandro Trebbi