Modena, 28 aprile 2020 - In un’azienda come Inalca dove igiene e pulizia sono da sempre al primo posto la minaccia del contagio da coronavirus è stata stroncata sul nascere. Appena è scoppiata l’epidemia in Lombardia l’azienda del gruppo Cremonini si è trovata a dover combattere il virus in prima linea, nello stabilimento di Ospedaletto Lodigiano a ridosso del focolaio. Una riorganizzazione del lavoro che ha consentito di attrezzare per tempo anche lo stabilimento di Castelvetro dove lavorano 1100 persone e dove la produzione non si è mai fermata: vengono macellati oltre mille capi al giorno, circa 140 bovini ogni ora, per rifornire gli scaffali dei supermercati dove il consumo di carne registra un’impennata che non si vedeva da anni.
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Il primo controllo scatta appena si entra in portineria: l’addetto misura la temperatura manualmente (chi ha oltre 37 gradi non entra) ci si disinfetta le mani con l’erogatore e si indossano guanti e mascherina. Si arriva all’ingresso del macello, il cuore produttivo di Inalca dove è stato installato da alcuni giorni un sofisticato termoscanner: una telecamera attaccata alla parete che misura istantaneamente la temperatura corporea. Il dipendente si posiziona con i piedi su un segno tracciato sul pavimento, guarda la telecamera che istantaneamente rileva la temperatura attraverso il viso e le pupille. Subito dopo passa il badge e la portineria riceve i suoi dati: "se la temperatura supera i 37 gradi l’addetto chiama subito il lavoratore che deve aspettare nell’area ristoro – spiega Sorlini – il test viene poi ripetuto e se la temperatura supera di nuovo i 37 gradi non può entrare".