REDAZIONE MODENA

Come arginare le baby gang: "Servono progetti inclusivi. Facciamoli sentire protagonisti"

Domani convegno alla Tenda sul problema delle bande giovanili con esperti ed educatori di strada. Nei risultati di una ricerca l’identikit dei ragazzi più problematici e le possibili soluzioni.

Come arginare le baby gang: "Servono progetti inclusivi. Facciamoli sentire protagonisti"

Come nascono le situazioni di criticità all’interno dei fenomeni di aggregazione giovanile? Come favorire il valore della legalità tra le fasce più giovani della popolazione? Quali sono i soggetti pubblici e privati che possono sviluppare sinergie per contrastare situazioni di disagio? Perché la definizione di "baby gang" non è corretta? Sono solo alcuni dei temi al centro dell’appuntamento di domani alla Tenda di viale Kosica, a Modena, dove viene sviluppato un approfondimento territoriale della ricerca "Bande giovanili di strada in Emilia-Romagna tra marginalità, devianza e insicurezza urbana"; l’indagine di respiro regionale analizza i comportamenti giovanili di gruppo negli spazi pubblici offrendo approfondimenti di tipo qualitativo anche sul contesto modenese e delineando possibili linee di lavoro per creare un sistema di governance e di azioni significative per affrontare i diversi aspetti del disagio giovanile.

Durante l’iniziativa, inoltre, vengono illustrati i risultati di un questionario con cui nelle settimane scorse sono state rilevate le opinioni e le percezioni di circa 300 giovani modenesi sul fenomeno; il sondaggio, di carattere anonimo, è stato somministrato da operatori del servizio di educativa di strada col supporto di una psicologa, in contesti informali e centri di aggregazione.

Dall’indagine risulta che i giovani protagonisti di atti criminosi vivono in contesti di fragilità famigliare – spesso con l’assenza di una figura genitoriale autorevole – ed economica; agiscono nei centri storici; sono soprattutto minori e colpiscono principalmente giovani come loro. Dagli episodi rilevati emerge l’immagine di gruppi la cui numerosità conta per lo più da 4 a 6 giovani (40 %). Nella quasi totalità dei casi si registra il coinvolgimento di un numero di giovani superiore a 7 (45 %) e il numero dipende dal fatto che si tratta di scontri fra gruppi. I gruppi sono quasi esclusivamente maschili (77 %) con una componente minoritaria della partecipazione femminile che connota i gruppi “misti” (23 %) e sono composte da ragazzi per lo più in età preadolescenziale.

In maggioranza, gli episodi raccontano di gruppi stranieri (60 %), anche se questa informazione incontra il limite che le seconde o terze generazioni di minorenni non hanno acquisito la cittadinanza italiana. Le vittime sono anche loro principalmente maschi (87 %) e coetanei di chi li aggredisce. E sono soprattutto italiane (77 %) e, in misura minore, straniere (23 %). Nella metà degli episodi, gli illeciti sono commessi per impossessarsi di beni materiali e, in particolare, per acquisire dai loro coetanei italiani quei beni (non solo il denaro ma anche cellulari, indumenti e scarpe alla moda) "che i ragazzi ‘stranieri’ non possiedono”, evidenziano curatrici dell’approfondimento.

Che fare per arginare il fenomeno? "La scelta della risposta di tipo punitivo è da evitare", secondo le relatrici. L’approccio punitivo sia con condanne pesanti sia attraverso l’uso di misure amministrative punitive, come i ‘daspo urbani’, se pur necessario nei casi più gravi, "andrebbe ridotto il più possibile per evitare che, nel lungo termine, la violenza potenziale di alcuni di questi gruppi si estenda". Le istituzioni sono invitate, quindi, a sperimentare percorsi di mediazione penale, coinvolgendo le agenzie che si occupano di giustizia riparativa, in modo che possano approntare servizi appropriati e mirati.La ricerca suggerisce poi di avviare progetti che "rispondano al bisogno di inclusione e di protagonismo di questi ragazzi – osserva il documento – e che partano dai loro interessi: in primo luogo la musica e il web. Il sostegno alla produzione di progetti musicali e culturali propri, per esempio, o il recupero di attività sportive gestite in autonomia".