E’ molto preoccupante la situazione che si sta creando sui nostri monti, a causa di un inverno anomalo con temperatura elevata e per la troppo prolungata assenza di precipitazioni non solo nevose.
A farne le spese è soprattutto la natura che deve lottare per adattarsi a un clima atipico, di stagioni solitamente più avanzate. Soffrono in particolare flora e fauna.
«E’ un disastro – commenta Piero Milani, direttore del Centro Fauna Selvatica Il Pettirosso di Modena –. Abbiamo pettirossi che non migrano più da anni, sono nati anatroccoli a gennaio, proliferano le malattie degli animali. I pettirossi sono arrivati in autunno e molti rimarranno qua, non migreranno come è successo l’anno scorso quando a luglio e ad agosto erano assolutamente fuori luogo. Per questi uccelli significa soffrire anche perché occorrono migliaia di anni prima che si adattino al cambio climatico.
E quelli che restano non è detto che si riproducano, che facciano le nidificazioni».
Anche i lupi risentono di questo clima impazzito. «Abbiamo riscontrato vari casi di lupi morti o ammalati a causa dei parassiti, che si diffondono molto più facilmente, come l’acaro della rogna demodettica.
I parassiti che vengono selezionati e uccisi quando ci sono inverni rigidi, purtroppo ora sono iperattivi. Altri casi anomali riguardano i piccoli di ‘germanino’ nati a gennaio, molto in anticipo, e noi continuiamo a trovare madri che hanno le uova schiuse.
La situazione peggiorerebbe ulteriormente – dice Milani – se arrivasse un inverno vero: i piccoli che stanno per nascere morirebbero tutti come è successo l’anno scorso, quando nevicò in maggio. Allora, la maggioranza dei piccoli caprioli, nati in ipotermia, morì».
Gli interventi effettuati dal Centro Fauna Selvatica Il Pettirosso di Modena nel 2019 sono stati in crescita, trend proseguito anche durante questi primi due mesi del 2020.
Anche le piante soffrono. Davide Pagliai, guida ambientale escursionistica, è un attento osservatore dell’ambiente del nostro Appennino, dove con La Via dei Monti organizza numerose escursioni durante tutto l’anno.
Definisce la situazione preoccupante non solo per le elevate temperature, ma anche per la siccità, per la carenza di perturbazioni, con le sorgenti e i corsi d’acqua molto al di sotto dei livelli normali di stagione.
«La stagione secca delle sorgenti e dei fiumi – spiega –, non è l’estate, ma l’autunno. Se i livelli di agosto si riscontrano prima e si devono ancora affrontare i mesi autunnali la cosa è molto atipica».
Con il clima attuale sono sbocciati fiori, sono germogliate piante e un grave danno lo subiscono i faggi e i mirtilli. «Senza la copertura nevosa – afferma Pagliai – i mirtilli soffrono come pianta, per cui, già adesso, si vedono le piante secche che quest’anno non produrranno».
Per esperienza diretta come guida ambientale, Pagliai ha riscontrato che, mentre fino a qualche anno fa il limite di innevamento abbastanza stabile sul Cimone si trovava a 1300 - 1400 metri, ora siamo a oltre 1500 metri. Walter Bellisi