Modena è la terza città italiana con gli stipendi più alti. I conti in busta paga li ha fatti la Cgia di Mestre, elaborando dati Inps e Istat. Nonostante le crisi di vario tipo quindi, la nostra città continua a risentire di un certo benessere economico che si deve all’industrializzazione articolata nei settori tradizionali (meccanica, ceramica, tessile e biomedicale) a cui si è aggiunto con forza, negli ultimi tempi, l’agroalimentare. Un circolo virtuoso che ha anche influenzato buona parte degli assegni pensionistici.
Scorrendo la graduatoria delle città con gli stipendi più alti, spicca su tutte Milano, con 32.472 euro annui, seguita da Parma (26.861 euro), e appunto da Modena al terzo posto (26.764 euro), addirittura davanti a Bologna (26.610). Segue una città a noi vicina, Reggio Emilia (26.100). I lavoratori dipendenti più poveri, invece, si trovano a Trapani dove percepiscono una retribuzione media lorda annua di 14.365 euro, a Cosenza (14.313 euro), Nuoro (14.206 euro). Negli ultimi posti della classifica vi sono i lavoratori dipendenti di Vibo Valentia, con una busta paga media di 12.923 euro l’anno contro una media italiana di 22.839 euro. Così, se gli occupati nelle regioni settentrionali hanno una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, i colleghi meridionali ne guadagnano solo 75. Una differenza, afferma l’ufficio studi mestrino, dovuta alla maggiore produttività del lavoro al Nord, che supera del 34% il dato delle regioni meridionali. Il confronto in termini assoluti rende chiarissima questa disparità: la retribuzione media annua lorda di un lavoratore dipendente in Lombardia è pari a 28.354 euro; in Calabria ammonta a poco più della metà, 14.960 euro. Ma se nel primo caso la produttività del lavoro è pari a 45,7 euro per ora lavorata, nel secondo è di 29,7.
Squilibri retributivi che del resto, osserva la Cgia di Mestre, si riscontrano anche tra le diverse aree del Paese, quelle urbane e quelle rurali. Tema che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ‘70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro.
r.m.