Modena, 13 novembre 2019 - E’ la ‘casa’ più amata dai fedeli modenesi dopo il Duomo, edificata dalla comunità tra il 1634 e il 1640 come adempimento al voto fatto dai cittadini alla Madonna della Ghiara affinché cessasse la peste del 1630. Dopo sette anni la chiesa del Voto in via Emilia riapre i battenti, chiudendo una delle ferite più grandi lasciate dal terremoto sotto la Ghirlandina.
I lavori di restauro e ripristino con miglioramento sismico (valore 835mila euro) sono finalmente conclusi e le impalcature sparite. Già a febbraio erano state ricollocate a decoro della facciata, su nuovi capitelli in pietra, le sette sfere in pietra di Vicenza rimosse in via cautelativa dopo il sisma, quando ne precipitò una in strada. L’intervento sulla struttura sacra ha riguardato in primis la riparazione, la messa in sicurezza e il rafforzamento di tutto l’edificio. Mancano solo i dettagli, insomma, e domenica prossima 17 novembre l’edificio sacro tornerà ad accogliere i modenesi nella solennità di Sant’Omobono, alle ore 15.30, con una messa presieduta dall’Arcivescovo Erio Castellucci e l’accompagnamento musicale del coro San Lazzaro.
E che la chiesa rimane salda nel cuore dei cittadini, è stato chiaro durante l’ultimo sopralluogo col sindaco Gian Carlo Muzzarelli, l’assessore Andrea Bosi e il direttore dei lavori Giuseppe Mucci. Appena le porte si sono spalancate, infatti, decine di curiosi si sono affacciati per ammirare le bellezza delle opere custodite all’interno, rimosse e protette per tutta la durata del cantiere assegnato alla Biolchini Costruzioni srl di Sestola. I tesori della chiesa del Voto sono innumerevoli, tra questi la Pala della Peste di Ludovico Lana in cui, per immagini, si narra la vicenda che portò alla costruzione dell’edificio.
Svetta e rapisce lo sguardo la cupola eretta nel 1638 riportata ai colori originari. E ancora: i modenesi torneranno ad ammirare lo stendardo raffigurante il Padre Eterno fra una gloria di angeli, con i Santi Geminiano, Omobono e Contardo, dipinto da Francesco Stringa nel 1699 in occasione dei grandi festeggiamenti iniziati il 13 novembre e durati otto giorni, dedicati ai santi Omobono e Contardo per la prima volta designati comprotettori di Modena. Provengono dal presbiterio, inoltre, due importanti tele dipinte sempre da Francesco Stringa tra il 1669 e il 1670 raffiguranti il ‘Transito della Vergine’ e il ‘Transito di San Giuseppe’.
Di particolare interesse anche la sagrestia della chiesa ritornata all’antico splendore dopo il restauro del 2011 con interventi mirati alla struttura architettonica, agli arredi lignei e al delicato apparato effimero dipinto da Geminiano Vincenzi e Pietro Minghetti. Infine, la croce in bronzo su quella centrale, che era stata rimossa nel 2009 a causa del distacco di un puntale, sarà ora conservata all’interno della chiesa come testimonianza storica, mentre esternamente ne è stata inserita una in bronzo dorato di identica forma e patinatura.
E per mettere in sicurezza tutti questi tesori, nei prossimi giorni è previsto il potenziamento dell’impianto d’antifurto. «Questa è una chiesa che lega i modenesi alla tradizione, alla fede e al miracolo che ha allontanato la peste – spiega Muzzarelli –. In questo modo proseguiamo nel nostro cammino di riconsegna dei luoghi alla città. Presto toccherà a San Biagio, l’ultimo edificio sacro colpito dal sisma ancora chiuso, e la chiesetta Ricci, appena acquisita dal Demanio». Ricorda la cerimonia di domenica l’assessore Bosi: «Con la presenza delle autorità e la Giunta, il vescovo Castellucci riconsegnerà simbolicamente la chiesa del Voto a tutta la città».
La storia
C’e’ un motivo se la chiesa del Voto è soprannominata la ‘chiesa dei modenesi’. L’edificio fu infatti edificato dalla Comunità tra il 1634 e il 1640 come adempimento del voto fatto alla Madonna della Ghiara affinché cessasse la peste del 1630. E da allora la storia d’amore con la città non si è mai interrotta. Il 13 novembre, giorno dedicato a Sant'Omobono (compatrono di Modena), si ebbe la prima giornata senza morti e la chiesa fu inaugurata esattamente sei anni più tardi, il 13 novembre 1636. La chiesa fu realizzata su progetto di Cristoforo Malagola detto il Galaverna, ricalcato su quello della chiesa di San Salvatore a Bologna del Magenta e ridimensionato per la minore area disponibile. Nel 1635 il Tempio fu dedicato alla Beata Vergine. Nel 1638 si eresse la cupola. La costruzione fu terminata nel 1641.