Aumento esponenziale del ricorso agli ammortizzatori sociali (+60% rispetto al 2023), marcata contrazione della produzione in alcuni settori (maglieria -2,4%, abbigliamento -5,2%, ceramico -4,7%, metalmeccanico -5,3%, macchine e apparecchiature -10,0%) e precarietà del mercato del lavoro (basti pensare che è solo 1 lavoratore su 2 ad avere un contratto a tempo indeterminato, a orario pieno e con 52 settimane di contribuzione). Per il segretario della Cgil Daniele Dieci si chiude un 2024 "poco rassicurante" per la provincia modenese. Senza contare che nell’anno che sta per concludersi gli infortuni sul lavoro si avvicineranno a quota 13mila (11 di cui mortali) e le denunce di malattie professionali saranno circa 700. "Dati esplosivi, che fanno il paio con la difficoltà rispetto alla crescita delle retribuzioni e alla parallela crescita del costo della vita."
Così come il sindacato ritiene poi "inaccettabile che, da nostre elaborazioni su un campione di 120 aziende del territorio modenese, l’aumento del fatturato che si è registrato nel 2023 abbia prodotto esclusivamente l’aumento dei dividendi e niente sul lavoro". Per dirla in altre parole: "I lavoratori e le lavoratrici hanno prodotto valore aggiunto, le aziende hanno fatto profitti e di quello non è stato redistribuito nulla".
Quindi da un lato critiche al governo per "aver abdicato a una politica industriale" e per "il taglio lineare agli enti locali", dall’altro "chiediamo al sistema delle imprese e alle amministrazioni di agire su tre direttrici: lavoro degno e di qualità, riconversione industriale e giustizia fiscale". Come? "Sottoscriviamo protocolli che tengano fuori dal mercato degli appalti pubblici le aziende che non applicano i contratti nazionali firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, garantiamo continuità lavorativa a chi lavora in appalto, redistribuiamo le risorse ed estendiamo le regole degli appalti pubblici a tutti gli appalti privati. Qualifichiamo il lavoro nei settori più deboli, usiamo la legalità come leva competitiva".
Secondo punto: "Bisogna sostenere i percorsi di riconversione industriale, difendere il sapere dei lavoratori e delle lavoratrici ed allargare le maglie della partecipazione reale alle decisioni delle imprese. I bisogni delle persone devono trovare risposta non solo dal punto di vista salariale, ma anche sui tempi di vita, sulla qualità della vita, sull’ambiente, sulla mobilità, sulla casa". Infine, "bisogna evitare di alzare la tassazione locale solo sulle fasce che già pagano di tasca loro le scelte sbagliate del governo e la congiuntura economica negativa". Contemporaneamente "bisogna difendere la loro possibilità di accedere a servizi di qualità, universali, efficienti, di avere una casa che non costi in media, come ormai è, più del 40% di quanto si guadagna".
Inevitabile il riferimento anche alle importanti crisi industriali sul territorio. Su tutte Maserati e Bellco. "Bellco – sottolinea Dieci – ci ha insegnato una cosa, in attesa che si possa arrivare ad una sperata conclusione positiva: a fare la differenza saranno sempre le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, la loro capacità di difendere il lavoro e la dignità che sapranno mettere in campo, contro scelte prese sulle loro teste da chi persegue solamente l’interesse di un mero profitto". Maserati invece "ci racconta un’altra storia: ci racconta di come un potere economico possa tenere in scacco un governo. Non ne possiamo più di sentire falsi proclami, impegni generici, promesse. Tutto questo crea solamente aspettative nelle persone che davvero hanno a cuore quell’azienda, chi ci lavora e più in largo una intera comunità".
g.a.