
Presto anche il Sant’Anna sarà dotato di postazioni Skype (Foto d'archivio Newpress)
Modena, 13 agosto 2017 - "E’ impossibile monitorare i colloqui, soprattutto quelli in arabo. Così come avere contezza di chi realmente si trova dall’altra parte del monitor. In questo modo è impossibile stabilire se vi siano contatti con soggetti che fanno proselitismo o se si rischi comunque di fomentare, senza regolamentazione, il terrorismo islamico". C’è preoccupazione nelle carceri per la legge che prevede appunto il collegamento Skype nei penitenziari al fine di consentire ai detenuti di effettuare videochiamate con i propri familiari. "La legge esclude contatti con l’esterno solo per detenuti pericolosi – afferma Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto Sappe – ma si pone comunque il problema legato al terrorismo islamico e alla radicalizzazione. Chi mostra chiari segnali in tal senso viene attenzionato, ma non è così per tutti e spesso quelli più a rischio sono detenuti comuni, finiti in carcere per droga e altri reati. Non possiamo sapere se nel corso della detenzione si siano o meno radicalizzati e, di conseguenza, neppure che tipo di messaggi potrebbero inviare all’esterno attraverso le videochiamate. Come facciamo a capire con chi sono in collegamento? E a breve sarà tutto pronto per le chiamate Skype, dobbiamo solo attrezzare le strutture".
E c’è un’altra ‘novità’ che preoccupa i sindacati; ovvero la camera per l’affettività. "I detenuti – spiega ancora Durante – potranno fare ‘colloqui riservati’ di 24 ore con le compagne. Anche qui i disagi riguardano l’organizzazione e la gestione: chi potrà avere rapporti sessuali in carcere? I carcerati sposati oppure anche quelli conviventi o accompagnati? Chi lo può stabilire? E con le detenute come la mettiamo? – si chiede il poliziotto – ricordiamo che esiste il differimento della pena per le donne incinta. Se tutte restano incinta che facciamo? Non c’è regolamentazione neppure in questo caso ma dobbiamo adeguarci alla legge e creare gli spazi".
Infine, fa presente Durante, c’è il discorso della ‘vigilanza dinamica’. "E’ un modello istituito per legge e rappresenta un grande errore perchè la gestione del carcere è legata anche a fenomeni contingenti. Secondo la normativa i detenuti devono essere liberi almeno otto ore al giorno, sottoposti a controlli sporadici. Di questa ‘libertà’ potrebbero beneficiare tutti, anche chi è sottoposto a misure di alta sicurezza. Sono rivoluzioni che vanno regolamentati e valutate caso per caso".