Sceglievano soprattutto lavoratori stranieri che, a causa delle difficoltà linguistiche, difficilmente riuscivano a inserirsi nel mondo del lavoro. Dopo di che, seppur privi di qualsiasi formazione, li accompagnavano nelle abitazioni di ignari cittadini in qualità di badanti per poi – ovviamente senza far firmare loro alcun contratto – sottoporli a turni di lavoro massacranti. Sette giorni su sette, h24, con raramente qualche ora di riposo. Sono così finiti in carcere con l’accusa di associazione per delinquere, finalizzata allo sfruttamento del lavoro – ma anche truffa aggravata – due fratelli, una casertana di 57 anni e il fratello 49enne, residenti a Ferrara e la presunta complice: una 47enne residente a Cavriago e di origini marocchine. I tre, secondo le accuse mosse dalla procura di Bologna, a seguito delle indagini condotte dai carabinieri della compagnia felsinea avevano messo in piedi un vero e proprio sistema di caporalato delle badanti. Il gip ha emesso nei confronti degli indagati l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, su richiesta della procura. Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari, il trio, a capo di una associazione denominata ‘Copassistenza’, reclutavano e fornivano a famiglie che lo chiedevano, nel giro di pochissimo tempo, le badanti. Tra coloro che sono finiti nella rete dei presunti truffatori, anche sei famiglie modenesi. In sostanza i fratelli e la 47enne pubblicavano annunci di lavoro su varie piattaforme social web, attraverso la finta associazione. Contattati dalle famiglie, facevano immediatamente sottoscrivere alle stesse un ‘pacchetto trimestrale’ per il servizio richiesto, previo pagamento di 3.400 euro.
Dopo di che la 47enne marocchina, reclutate le badanti per passaparola o tramite annunci le accompagnava direttamente nelle abitazioni delle famiglie richiedenti; mentre i fratelli gestivano l’attività lavorativa della Cop Assistenza e le condizioni contrattuali. L’indagine, denominata ‘Aiutami’ era partita dalla denuncia, a ottobre dello scorso anno presentata da una parente di uno degli anziani che si era rivolto all’associazione; associazione nata nel 2021 e che non aveva una vera o propria sede fisica, dal momento che gli indagati incontravano i clienti nelle piazze o bei bar. Una volta scoperto il vaso di Pandora, è emerso come i lavoratori non avessero mai ottenuto una busta paga e non venissero pagati regolarmente. Anzi, tutte le bandanti e anche sotto minaccia avrebbero lavorato mesi con contratti irregolari dal punto di vista di paghe e orari, mai registrati e senza copertura assicurativa. Quando la famiglia chiedeva la sostituzione delle badanti l’associazione spariva senza fornire alcuna risposta. Ovviamente nella reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria e alle ferie, approfittando così dello stato di bisogno di ciascuno. Secondo la testimonianza resa dai lavoratori spesso infatti gli stessi, alla richiesta di una busta paga o del pagamento delle ore effettivamente lavorate, subivano minacce relative anche al loro allontanamento dall’associazione.
Valentina Reggiani