Sempre più spesso la giustizia si avvicina al mondo dei giovani; non solo quella "punitiva" per i troppi episodi che vedono coinvolti minori o poco più ; ma anche la giustizia costruttiva, formativa. Una parte importante la stanno facendo gli addetti ai lavori con incontri nelle scuole proprio per parlare di legalità e rispetto. Un esempio è l’iniziativa dell’Osservatorio progetto scuole UCPI della Camera Penale di Modena Carl’Alberto Perrroux che si è tenuta s presso l’aula magna del liceo classico Muratori San Carlo. Una tavola rotonda dal titolo "Processo minorile: educare alla giustizia", alla quale hanno partecipato penalisti, gli stessi studenti e specialisti del mondo giovanile. Una realtà sempre più multietnica quella delle scuole modenesi dove il pregiudizio nei confronti di altre culture, costumi e religioni ha ancora un peso. Il tema è stato affrontato da padre Giuliano Stenico, presidente del Ceis. Tra il pubblico Lina, 18 anni, nata a Modena da genitori marocchini: frequenta l’Ipsia Cornia, indirizzo odontotecnica. "Nel mio futuro spero di poter fare qualcosa che mi piace, avendo la libertà di farlo anche se indosso questo velo – ha detto la studentessa – cerco di non ascoltare, di non notare troppo quegli sguardi che mi arrivano; cerco di focalizzarmi solo su quello che io voglio fare".
I relatori dell’incontro, introdotto dall’avvocato Giovanni Sivelli, hanno messo in luce la spaccatura che esiste nella nostra società, dove possibilità economiche, religioni diverse, lingue-madri parlate a casa e italiano usato a scuola possono creare divari e incomprension che possono sfociare anche nel crimine. E questa spaccatura si rafforza ogni volta che un giovane modenese di origine straniera si convince di avere meno chance nella vita rispetto a un coetaneo di famiglia italiana. "Abbiamo visto un incremento dei procedimenti penali minorili – ha spiegato l’avvocato Marco Tarantini – ma soprattutto abbiamo visto un inasprimento delle sanzioni verso i minorenni; più ingressi in carcere, più progetti negati nel momento in cui il minore non riesce ad integrarsi all’interno del progetto e quindi si aprono per lui le porte del carcere". "Per alcuni ripercorrere il reato diventa anche un momento di sofferenza e difficoltà – la riflessione di Giulia Castelli, pedagogista dell’istituto minorile di Bologna – per altri invece, vedendosi identificati in quel tipo di reato diventa quasi un’etichetta. Il lavoro è quello di prendere consapevolezza del reato commesso, un processo che può richiedere anche molto tempo per riuscire a trovare delle risposte". "Spesso questi minori si vedono abbandonati, sono senza famiglia – ha spiegato Alfonso Paggiarino, direttore dell’istituto minorile di Bologna – chi trovano? I nostri operatori, gli agenti di polizia penitenziaria che talvolta si trovano a svolgere il ruolo di fratello o di padre".
Emanuela Zanasi