"Attenti ai crolli di rocce e alle piene ’lampo’"

Il professor Corsini: "Per la prevenzione fondamentali le informazioni acquisite dal rilevamento satellitare"

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Alessandro Corsini, presidente del corso di laurea in Scienze Geologiche e della magistrale in Geoscienze, Georischi e Georisorse a Unimore, è uno dei maggiori esperti del territorio modenese, di cui ha studiato a fondo i fenomeni franosi, con ricerche sulla analisi, previsione, prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico, e avendo realizzato studi anche finalizzati alla ricostruzione della circolazione idrica sotterranea rispetto alla stabilità dei versanti e alla valutazione delle risorse idriche in aree montane, anche rispetto la loro risposta alle variazioni climatiche.

Professore quanto è vulnerabile il territorio modenese?

"Il territorio modenese, come tutti quelli dell’Emilia-Romagna, è sicuramente interessato in modo significativo da problematiche legate alle dinamiche dei versanti e dei corsi d’acqua. Gli studi geologici che sono alla base delle statistiche sul dissesto dimostrano ciò. Va però ricordato che, per quanto riguarda le frane, esse sono nella stragrande maggioranza fenomeni a cinematica lenta, che risultano a basso rischio per l’incolumità delle persone".

Quali sono le maggiori insidie?

"Bisogna distinguere quale sia il soggetto dell’insidia. Se parliamo di infrastrutture viarie e di rete allora anche fenomeni franosi a cinematica lenta possono rappresentare un’insidia, così come le dinamiche fluviali e torrentizie possono portare danni. Se parliamo, come detto, dell’incolumità delle persone, risultano significativi solamente - per fortuna – i più rari e veloci fenomeni di crollo di roccia, colata detritica e piene "lampo" (flash floods), le inondazioni improvvise".

La situazione del rischio idrogeologico in questi ultimi decenni nel modenese è migliorata o peggiorata?

"Per certi versi migliorata e per certi altri peggiorata. E’ innegabile che negli ultimi anni ci siano stati significativi investimenti in opere di mitigazione strutturale sia nei versanti montani, per quanto riguarda le frane, sia lungo i corsi d’acqua. Purtroppo, però si sono avute conseguenze derivanti da fenomeni di pioggia breve ed intensa che ha mandato in crisi i corsi d’acqua minori ed in alcuni casi anche i principali".

Cosa è cambiato rispetto al passato?

"Questi fenomeni in realtà sono sempre accaduti anche in passato, ma ora la più diffusa presenza di infrastrutture antropiche sul territorio fa sì che essi abbiano un impatto maggiore in termini di danni".

Cosa occorre fare per arrestare o contenere il rischio?

"La prevenzione, sia strutturale (interventi sui versanti ed i corsi d’acqua) che non strutturale (corretta pianificazione territoriale con una corretta analisi dei potenziali rischi geologici) è la strada da perseguire. Noi geologi disponiamo oggi di sempre maggiori informazioni sullo stato di dissesto del territorio, che derivano anche da tecniche innovative di telerilevamento satellitare. Fare tesoro di queste conoscenze penso sia il modo migliore di progredire e valorizzare l’importante patrimonio conoscitivo di tipo geologico che abbiamo del nostro territorio, e convivere coi rischi geologici in ottica di sostenibilità".

Alberto Greco