I volumi di vendite crescono del 1,9%, attestandosi a 376 milioni di metri quadrati, 291 dei quali esportati, a confermare un appeal che il mercato riconosce al made in Italy della ceramica. Ma le buone notizie finiscono qui, stando almeno ai numeri diffusi ieri da Confindustria Ceramica, che con il Presidente Augusto Ciarrocchi e il Direttore Generale Armando Cafiero ha fatto il consueto punto di fine anno sull’andamento del settore, senza nascondere le criticità che caratterizzano l’oggi del settore, esposto a costi di produzione in rialzo trainati dai prezzi di gas ed energia elettrica, penalizzato da "un approccio ideologico, da parte del legislatore europeo, sul tema della sostenibilità ambientale" e sempre meno ‘impermeabile’ alle politiche di prezzo attuate dai competitors esteri. Ebbene, a fronte del saldo positivo sui metri quadri venduti (+1,9% in Italia, +2,4% all’estero) i dati elaborati da Prometeia raccontano una possibile, e a questo punto probabile, flessione della produzione (-2%) ed una marcata contrazione del fatturato di settore, atteso in frenata del -5% rispetto al 2023. Si parla di stime, certo, ma lo scenario, per i produttori italiani di ceramica, non è privo di complessità, complice un flessione dei volumi che, rispetto ai dati prepandemici, si attesata sul -7%: i mercati di sbocco da sempre trainanti (Francia e Germania) sono in stallo, un quarto degli addetti (4900) fruisce di cassa integrazione ordinaria e straordinaria e più in generale la frenata sia della domanda globale (-2% rispetto al 2023) che del mercato dell’edilizia impongono prudenza. Parla di "dinamiche complessivamente stagnanti sui mercati europei, di recupero nei confronti di Stati Uniti e Asia", il Presidente di Confindustria Ceramica Augusto Ciarrocchi, ma rileva come le criticità a livello di competitività andrebbero risolte con un’azione più incisiva da parte delle istituzioni. Nel mirino finiscono così le politiche energetiche europee e il sistema ETS, "non sostenibili", la mancata, o inadeguata, tutela delle produzioni di casa nostra rispetto a quelle indiane o cinesi per le quali Confindustria Ceramica chiede "un rialzo significativo dei dazi antidumping" e gli eterni nodi infrastrutturali – la Bretella ma non solo – che affliggono il distretto ceramico modenese e reggiano. Atteso peraltro, già dall’inizio del 2025, da altre insidie, con "i rischi di rialzo di dazi e tariffe all’import degli Stati Uniti che – ha detto ancora Ciarrocchi – generano preoccupazione per un settore campione di export come la ceramica italiana".
Stefano Fogliani