VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Alice Neri, nuove perizie. “Omicidio premeditato, il movente è passionale”

I consulenti del marito della vittima hanno depositato una memoria in procura: "L’arma usata suggerisce che l’agguato è stato pianificato: 7 colpi violenti"

Modena, 13 gennaio 2024 – Alice Neri sarebbe stata colpita con almeno sette colpi da arma da taglio/punta che è ‘penetrata’ fino a cuore e vertebre, indice di una particolare violenza. Ecco perché – secondo una memoria depositata dai consulenti di parte del marito, Nicholas Negrini – il delitto avrebbe natura "prettamente passionale".

L'auto del delitto di Alice Neri (nel riquadro)
L'auto del delitto di Alice Neri (nel riquadro)

L’assassino – viene sostenuto nelle centinaia di pagine corredate di periziesi è accanito sulla vittima e questi elementi (sempre secondo i legali del marito) renderebbero meno probabile un omicidio dovuto al rifiuto di un rapporto sessuale (tesi quest’ultima a sostegno dell’impianto accusatorio contro l’unico indagato Mohamed Gaaloul).

Inoltre le lesioni prodotte dai colpi indicherebbero l’utilizzo di un coltello di "dimensioni importanti" , come conferma la relazione del generale Garofano. L’utilizzo, e la disponibilità, da parte dell’omicida, di una simile arma – al momento del delitto – sarebbe del tutto incompatibile con un delitto da dolo d’impeto ma compatibile invece con un delitto premeditato.

Sono queste le convinzioni che hanno spinto l’avvocato ed ex pm Antonio Ingroia, che rappresenta appunto Nicholas Negrini, il marito della mamma 32enne uccisa nelle campagne di Concordia a novembre dello scorso anno, a depositare una memoria in procura, chiedendo di proseguire le indagini preliminari.

Non solo: Ingroia chiede di iscrivere nel registro degli indagati anche l’ex collega della vittima, con cui la giovane avrebbe avuto una relazione, sottolineando come una testimone li avesse visti discutere "in modo aggressivo" nei giorni antecedenti il delitto. Le nuove perizie depositate ’aprono’ nuovi scenari a poche settimane dal processo contro l’unico indagato Gaaloul, che si rivelerà sicuramente dibattuto e delicato. Ciò che ci si aspetta è che finalmente la famiglia della vittima possa ottenere giustizia (che mai, certo, potrà comunque colmare un dolore così profondo) per un omicidio brutale e crudele.

Il giovane tunisino comparirà davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Modena il prossimo sette febbraio.

"Noi in aula chiediamo verità e giustizia, qualunque essa sia – sottolinea l’avvocato Ingroia –. Abbiamo un imputato, la procura si assumerà l’impegno di dimostrare la colpevolezza di Gaaloul e non vogliamo ostacolare l’azione: il nostro compito sarà quello di cercare la verità, esplorando con l’ausilio dei nostri consulenti e periti tutti gli aspetti della ricostruzione dell’omicidio. Se alla fine del processo dovessero emergere sufficienti elementi di prova per chiedere la condanna di Gaaloul, allora, ci assoceremo ma non lo faremo se non saremo convinti.

La verità non si ricostruisce in sede di udienza preliminare ma davanti ad un giudice terzo".

Secondo le perizie svolte dai consulenti di parte di Ingroia, non appare realistico immaginare che un soggetto possa essersi trovato un’"arma bianca" di dimensioni importanti "sotto mano" al momento dell’omicidio, avvenuto in aperta campagna. Da qui la convinzione che il delitto sia stato pianificato.

Costituisce poi certamente elemento imprescindibile per il profilo dell’assassino, secondo Ingroia, individuare un plausibile movente passionale che possa sostenere anche la premeditazione dell’omicidio. Nel chiedere alla procura di proseguire le indagini preliminari, la difesa di Negrini solleva ancora una volta perplessità su quello che viene definito il ’terzo uomo’, elencando una serie di motivazioni, circostanze ‘sospette’ e testimonianze considerate significative.

Da qui la richiesta di integrare l’attività di indagine preliminare non solo iscrivendo l’ex collega della vittima nella lista degli indagati, ma anche ricostruendo i suoi spostamenti e la messaggistica whatsapp. Ricordiamo però che questa persona, definita il ’terzo uomo’, a ottobre scorso aveva ribadito di essere estranea al delitto: "Basta illazioni su di me". Inoltre nella memoria si chiede alla procura di eseguire un’amplificazione del Dna maschile rinvenuto sulla spallina di reggiseno della giovane mamma e analizzare i "tre pezzi di ferro combusto" rinvenuti all’interno della carcassa dell’auto data alle fiamme a distanza di 7 mesi dal delitto.