Modena, 5 marzo 2023 – Potrebbe essere il giorno della svolta, quello di domani, per il mistero della morte di Alice Neri. Alle 9 saranno infatti sentiti, nell’ambito dell’incidente probatorio i tre tunisini – amici di Mohamed Gaaloul, principale sospettato dell’omicidio – che avrebbero affermato di averlo visto arrivare a casa, il 18 novembre, con gli abiti sporchi d’olio.
E un olio sarebbe utilizzato come accelerante per dare alle fiamme, nelle campagne di concordia, la Ford Fiesta con all’interno il corpo della giovane mamma. La domanda fondamentale, però, è una: potranno veramente fornire elementi attendibili i tre testimoni? Come noto la difesa dell’indagato, l’avvocato Roberto Ghini, aveva chiesto un rinvio dell’udienza per poter trascrivere le intercettazioni dei tre tunisini, le cui conversazioni erano state registrate per sei lunghe ore, prima di essere ascoltati, all’interno della caserma dei carabinieri.
I tre – dalle intercettazioni – sembrano confusi circa quella fatidica giornata, il 18 novembre. Ad aprire la porta a Gaaloul sarebbe stato uno dei tre, Ahmed, che si trovava in compagnia di un collega, ma i testimoni – lo stesso Ahmed, Moussa e Rabia – sembrano non trovarsi d’accordo su orari, condizioni climatiche, sporcizia notata sugli abiti del tunisino. Moussa sostiene ad esempio di aver riferito ai carabinieri che l’amico Ahmed aveva visto Mohamed, quella mattina, stendersi sul divano. Ma Moussa aggiunge: "Ma pensa te, non mi ricordo proprio niente di quel giorno lì". Via via la confusione aumenta su molti dettagli. "Ho ascoltato con attenzione le intercettazioni ambientali – sottolinea l’avvocato Ghini – e dimostrano che i tre testimoni hanno un ricordo poco preciso sia sul giorno, sia sugli orari, sia sulle effettive condizioni in cui si sarebbe trovato il mio assistito".
Intanto emergono nuovi e inquietanti dettagli su quello che da molti viene definito il terzo uomo, ovvero il collega della vittima e l’amico che avrebbe scritto ad Alice diverse lettere d’amore. Il 17 novembre, nel pomeriggio l’uomo avrebbe sentito la vittima attraverso una serie di messaggi. Il collega le avrebbe chiesto di raggiungerlo al bar ma Alice era in compagnia di un ex collega. "L’ho sollecitata tramite whatsapp – aveva dichiarato l’uomo ai militari – ma mi ha detto che si trovava nel bar dei cinesi a San Prospero. Prima di rientrare a casa, alle 18.50 – continua – sono transitato al bar di San Prospero per vedere se Alice fosse ancora lì, ma non c’era".
Dichiarazioni che confermano come la vittima e il collega si fossero sentiti anche qualche ora prima del delitto e come l’uomo cercò di raggiungerla o, comunque, di controllare dove la vittima si trovasse. Circa un’ora dopo, lo ricordiamo, la vittima era a Concordia, nel noto Smart Cafè insieme all’altro collega, terzo indagato per il delitto.