REDAZIONE MODENA

Agricoltura, anno nero: «Frutta martoriata»

Il Pil cala solo in agricoltura. Complice la cimice asiatica, ma anche batteri, funghi e i cambiamenti climatici che mettono ko il raccolto e interi frutteti, mai come quest’anno gli agricoltori lanciano il grido d’allarme, soprattutto dalla Bassa modenese.

«L’agricoltura è l’unico settore produttivo a far registrare un calo congiunturale del valore aggiunto anche per effetto della deflazione nei campi dove la frutta estiva, dalle albicocche alle pesche, è stata pagata pochi centesimi, circa il 30% in meno rispetto allo scorso anno e al di sotto dei costi di produzione» fa sapere Coldiretti relativamente ai dati Istat sull’andamento del Pil in Italia nel terzo trimestre 2019.

«Non riusciamo più nemmeno a conferire la nostra frutta come scarto industriale tanto è martoriata dalla cimice asiatica, ma anche da funghi e batteri» conferma l’imprenditrice agricola di Finale Emilia Lisa Poletti.

Poletti, annata nera per il raccolto?

«L’equiparo alla disfatta di Caporetto. Ho sette ettari di pereti, dove produco otto varietà di pere che, tra i frutti, è il più delicato in assoluto. Sono riuscita a salvare poco meno della metà del raccolto. Senza contare che i costi di produzione faticano a essere coperti. Per le pere guadagniamo pochi centesimi, e nei supermercati le troviamo invece a prezzi elevati. Noi frutticoltori siamo come i produttori di Parmigiano Reggiano, costantemente in perdita».

Coldiretti dice che voi agricoltori per permettervi un caffè al bar dovete vendere tre kg di frutta. E’ così?

«E’ vero. Un paio di stivali equivale, in termini di costo, a un quintale di frumento venduto. Ormai ragioniamo in questo modo, e non c’è agricoltore che possa ritenersi soddisfatto. Nel maggio scorso, a causa del freddo, abbiamo assistito all’aborto fruttifero. Poi sono arrivati la grandine, la cimice asiatica, il ‘colpo di fuoco’, l’alternaria, funghi e batteri vari. Interi frutteti sono morti, e molti agricoltori hanno dovuto abbatterli. Per fronteggiare questi flagelli mettiamo in campo tutte le nostre risorse, senza contare le spese per gli antiparassitari. La cimice asiatica, poi, oltre a causare danni è anche di difficile individuazione sul frutto, comporta un lungo lavoro manuale, l’aumento di manodopera e il rallentamento della fase di raccolta».

Vale a dire?

«Per capire se il frutto è da gettare o da salvare serve fare attenzione. Il danno da fungo è subito visibile con la classica macchia nera sul frutto, quello da cimice non è subito evidente e bisogna manipolare il frutto, toccarlo. Una sola pera ‘cimiciata’ può danneggiare le altre sane raccolte». Le associazioni di categoria parlano di perdite fino al 100% del raccolto in particolare nelle province di Modena, Ferrara e Bologna. I danni in regione sono stimati fra gli 80 e i 100 milioni di euro. Cosa occorre fare a suo parere?

«Dice bene Coldiretti: intanto serve intensificare l’attività di controllo e vigilanza anche per evitare che vengano spacciati come nazionali prodotti importati, ma servono soprattutto misure imponenti per riportare l’agricoltura agli standard di un tempo. Il mestiere più antico del mondo rischia davvero di scomparire. I nostri sforzi, ripetuti ormai di anno in anno per salvare campi e frutteti, devono essere sostenuti a livello europeo. Solo un’azione congiunta e mirata può contribuire alla rinascita del settore. Noi abbiamo bisogno di aiuto, da soli non ce la facciamo. La ricerca contro la cimice deve continuare, e bisogna mettere in campo tecniche e tecnologie».

Viviana Bruschi