MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

"A Gaza manca tutto, anche elettricità e cibo"

La testimonianza della carpigiana Chiara Lodi, coordinatrice sanitaria di Medici senza Frontiere: "Se ho paura? Antepongo la speranza"

Chiara Lodi, 41 anni,. si trova a Gaza dal 27 febbraio scorso

Chiara Lodi, 41 anni,. si trova a Gaza dal 27 febbraio scorso

"In queste condizioni, a breve resteremo senza acqua, cibo e medicinali. Il che equivale a una ‘condanna a morte’". È drammatica la testimonianza della carpigiana Chiara Lodi, coordinatrice medica di Medici senza Frontiere, che dal 27 febbraio si trova a Gaza. Chiara ha 41 anni, è laureata in Infermieristica e da dieci anni lavora come operatrice umanitaria per Medici senza Frontiere: ha girato tutto il mondo, con oltre 20 missioni all’attivo, facendo parte del ‘team di emergenza’ che è mandato nei luoghi delle catastrofi naturali e delle guerre.

"Il 2 marzo le autorità israeliane hanno imposto un assedio completo di Gaza bloccando tutti gli aiuti e privando la popolazione dei servizi di base, tra cui l’accesso all’acqua, tagliando l’elettricità, il che equivale a una punizione collettiva. È disumano quello che sta accadendo. Gaza è isolata, non arriva più nulla, tra non molto la popolazione non avrà veramente più niente. Il cibo scarseggia nei mercati e quello fresco, come le verdure, è introvabile oppure ha prezzi folli; l’acqua del mare viene desalinizzata, ma il carburante inizia a scarseggiare, e quando sarà finito, non ci sarà più neanche acqua da bere, e si andrà in una sola tragica direzione". "Quando mi chiedono se ho paura – prosegue la carpigiana, e mentre parla si sente in sottofondo il cinguettare degli uccellini e al tempo stesso il rumore degli aerei – cerco di anteporre la speranza, perché voglio credere che esistano ancora persone umane: quello che stiamo vivendo va contro tutti i principi non solo della legge internazionale, ma prima ancora dell’umanità: non si può tenere una popolazione rinchiusa in una lingua di terra di 40 chilometri e non permettere a nessuno di entrare e portare i beni di prima necessità. Spero che qualcuno, l’opinione pubblica, i governi, si rendano conto che nel 2025 non è possibile che ancora ci siano persone che stanno portando a morire una popolazione, e che ‘battano i pugni’ per fare riaprire le frontiere". Disperazione, paura: questi sono i sentimenti degli abitanti.

"I bombardamenti sono quotidiani, noi di Medici senza Frontiere continuiamo a gestire i quattro ospedali, abbiamo scorta di farmaci massimo per due/tre settimane, ma dobbiamo razionalizzarli e seguire dei criteri di priorità nel curare solo le patologie croniche e i casi di urgenza". A tutto questo si aggiunge il grosso problema del carburante: "L’elettricità è stata tolta già da un po’ e si riesce a tamponare solo con i generatori che vanno a benzina: questa sta finendo, il che significa che negli ospedali smetteranno di andare le terapie intensive, le macchine che producono ossigeno, e non si potrà operare nelle sale operatorie. Quello che noi chiediamo è che venga aperto un corridoio umanitario ma nessuno ci dà ascolto".

Maria Silvia Cabri