Ravenna, 8 gennaio 2025 – Come sarà il meteo del 2025? E quali effetti avrà, in primis, sui fiumi? Per comprenderlo è utile puntare gli occhi verso l’alto, in direzione dei rilievi appenninici dove dovrebbe accumularsi la neve destinata ad alimentare i corsi di Lamone, Montone, Ronco, Savio e degli altri fiumi ravennati. Pierluigi Randi, meteorologo e presidente dell’Associazione Meteo Professionisti, è fra coloro che stanno cercando di decifrare il 2025 dei fiumi romagnoli scrutando l’Appennino.
Presidente Randi, cosa ci dicono i misuratori su Monte Falco e Fumaiolo, là dove nascono Montone e Savio?
“Finora abbiamo registrato un discreto innevamento appenninico, che però sta diminuendo rapidamente. Nei prossimi giorni prevarranno condizioni di alta pressione: forse arriverà qualche precipitazione da qui alla fine della settimana, ma non prevediamo nuove nevicate. Lo zero termico è di nuovo molto alto, intorno ai 3000 metri, oltre mille sopra quello che era il suo normale livello prima della crisi climatica. Questo influenza notevolmente le precipitazioni: le nevicate faticano a formarsi, e la pioggia che cade sulla neve ne accelera la fusione. Il trend di questo inverno sembra essere quello di precipitazioni al di sotto della norma, anche per quanto riguarda le nevicate”.
Vedremo nuovamente i fiumi in secca?
“E’ difficile dirlo ora. La prossima settimana, in coincidenza di quelli che dovrebbero essere i giorni più rigidi dell’anno, arriverà una massa d’aria più fredda, ma nulla di particolarmente rilevante. Sul prosieguo sembra prevalere l’alta pressione, con temperature superiori alla norma. Il 2023 e il ‘24 sono stati gli anni più caldi di sempre, non sappiamo se il 2025 aggiornerà il record ma è difficile immaginare che se discosterà molto”.
Quanto è aumentata ormai la temperatura della Romagna, prendendo come riferimento le città sulla via Emilia e quelle sulla costa come Ravenna e Cervia?
“Storicamente la temperatura media in pianura e sulla riviera si attestava tra i 14 e i 14,5 gradi. Negli anni recenti la media è arrivata oltre i 16 gradi. Un aumento di quasi due gradi, accumulano sostanzialmente tutto dal 2010 a oggi. Nel 2023 e nel 2024 abbiamo superato i due gradi di anomalia per due anni consecutivi, un qualcosa di impressionante”.
L’Adriatico nel 2024 sfiorò i 31 gradi: temperature neppure più tropicali, ma equatoriali. Accadrà di nuovo?
“Quei 30,8 gradi furono rilevati il 13 agosto dalla boa Nausicaa a Cesenatico. Valori un tempo inimmaginabili: un Adriatico così caldo, e dunque così soggetto a evaporazione, si è poi tradotto nelle precipitazioni violente di settembre. A oggi non possiamo sapere se registreremo di nuovo un mare così rovente, ma se accadrà andranno tenuti di nuovo gli occhi puntati sulle piogge autunnali”.
È corretto domandarsi quale ‘stagione delle piogge’ dobbiamo attenderci invece già a maggio?
“Il 2024 è stato effettivamente il nono anno più piovoso in un secolo, con piogge concentrate in pochi mesi. Fino a vent’anni fa la stagione più secca era l’inverno, mentre ora è l’estate: nei mesi più caldi abbiamo perso ormai un 25% delle piogge, che si sono concentrate appunto in primavera e autunno. L’alternanza tra periodi secchi e piovosi sta diventando la norma: la siccità del 2021-22 è stata seguita a corto raggio da un boom della piovosità del 2024”.
La maggiore quantità di acqua in atmosfera è paradossalmente anche il ‘motore’ che alimenta le maxi-grandinate degli ultimi inverni, giusto?
“Le grandinate di per sé non sono aumentate numericamente: a lievitare è stata la dimensione dei chicchi, e dei danni che lasciano al suolo, come accaduto di recente nel 2022 e nel 2023. È anche questo un aspetto cui sembra dovremo abituarci”.
Cosa cambierà invece nelle abitudini della vegetazione? E in quelle degli animali?
“Qualche effetto lo stiamo già vedendo: è vero che i granchi blu e le cimici asiatiche sono stati importati, ma grazie al cambiamento climatico qui hanno trovato condizioni climatiche favorevoli. Più in generale assistiamo a un anticipo della ripresa vegetativa dopo l’inverno, la quale espone le piante a grossi rischi dinanzi alle ondate di freddo tardivo quali quelle comuni fra 2020 e 2022. Anche quelle un effetto, benché indiretto, del clima più caldo”.