Bologna, 27 luglio 2023 – L’ecoansia, ossia una condizione di forte preoccupazione per l’imprevidibilità degli avvenimenti climatici che affligge tutti, nessuno escluso. E che è arrivata sul lettino degli psicologi con un boom di richieste.
L’allarme arriva dalle Marche, colpite dalla devastante alluvione di settembre, ma riguarda tutte e tutti. E l’ultima ondata di maltempo, carica di grandine, vento e nubifragi distruttivi non ha certo aiutato.
Katia Marialungo, presidente dell’ordine degli psicologi delle Marche, spiega il nuovo fenomeno.
Come si riconosce l’ecoansia?
“I sintomi sono quelli simili ad altre patologie, ma sono legati a eventi catastrofici: profondo stato di timore, tristezza e preoccupazione. Ma l’ecoansia si distingue in particolare per la paura di qualcosa che sfugge al proprio controllo”.
Quali sono i fenomeni che fanno più paura?
"Tutto ciò che è particolarmente aggressivo. Il vento improvviso, che è causa della perdita di controllo sugli oggetti, come gli ombrelloni che volano in spiaggia, per esempio. Fanno paura anche fenomeni come l’innalzamento del livello d’acqua e i nubifragi”.
Avete molti pazienti che soffrono di questa condizione?
"Sì, e molti anche per il terremoto, a causa delle frequenti scosse che hanno scosso le Marche in questi ultimi mesi”.
È peggiorato il livello di ansia dopo l'alluvione del settembre 2022?
“Sì, qui nelle Marche è una situazione di angoscia continua, soprattutto legata al rischio di esondazione del Misa nel zona di Senigallia, che è un pericolo sempre presente. A ogni allerta meteo c’è fortissima preoccupazione.”
Quale fascia d’età ne è più affetta?
“Tutte, anche e soprattutto gli adulti. Si parla di persone che erano abituate a vivere l’andamento stagionale in maniera diversa, con eventi climatici più blandi e gestibili. In questo senso percepiscono di più il cambiamento climatico”.
E i giovani? Dopo la pandemia si è registrata una crisi della salute mentale, come vivono adesso con l’ecoansia?
“Questi ragazzi sono stati prima colpiti dal Covid, poi dalla guerra e ora dal clima. È già una generazione fragile, che ha subito improvvisi cambi di stile di vita su ogni fronte. A questo, si è unito il cambiamento climatico che ha portato una ulteriore vulnerabilità e ha generato l’ansia di qualcosa che potrebbe succedere in un qualsiasi momento, in modo catastrofico”.
Quali sono le conseguenze di questa sensazione?
“C’è molta apatia, i giovani hanno sicuramente meno spinta al futuro. Tanti non cambiano lavoro, non si spostano o trasferiscono per paura dell’imprevedibilità, fanno meno vacanze e non vogliono figli: perché mettere al mondo delle vite con questa incertezza climatica?”.
Consigli per aiutare chi ne soffre?
“La cosa migliore è sempre avere uno stile di vita regolare, continuare le proprie attività e diminuire il continuo contatto con i bollettini meteo. Chi gli sta vicino dovrebbe distrarli, condurli verso un pensiero positivo e lontano dal catastrofismo”.
L’attivismo climatico può aiutare?
“Molte persone possono sentirsi utili partecipando alle proteste per il clima. Contribuire alle missioni ambientali, come la pulizia delle spiagge e l’uso di meno pesticidi, sposta l’attenzione sulla tematica con uno spunto positivo e meno passivo. Invece di aspettare che succeda qualcosa di brutto, si agisce perché non accada”.
Che ruolo possono giocare gli psicologi?
“Possiamo prima di tutto aiutare i nostri pazienti. Poi, ci sono molti psicologi ambientali, sensibili al clima, che possono supportare le istituzioni, lavorando assieme agli architetti e ad altri esperti per la costruzione di un ambiente sano ed ecologico”.