Ancona, 27 gennaio 2023 - Le Marche sono il fanalino di coda dell’intero Paese nel rapporto tra le aziende che hanno chiuso alla fine del 2022 e quelle che sono nate. Il saldo è negativo per 929 imprese. Nessuno peggio della regione perché il Molise, altro territorio che ha il segno meno, ha comunque dati più confortanti di quelli marchigiani. Occorre dire che in questa inaspettata Waterloo imprenditoriale, ha un suo peso un ulteriore brandello di regione che ha cambiato territorio finendo in Romagna: sono i comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio che da Pesaro sono passati sotto Rimini portandosi dietro circa 300 imprese, per cui il dato reale scende a 629. Comunque negativo, comunque non buono tenendo conto che il dato dell’export regionale è uno dei migliori in assoluto.
E a limitare i danni è fondamentalmente un settore e cioè quello dell’edilizia che sta godendo, oltre che dei vari bonus, anche dei grandi cantieri legati alla ricostruzione post terremoto: una impennata del 40 per cento rispetto al 2021. Comunque il 2022 il saldo è negativo rispetto all’anno precedente dove le Marche viaggiavano in linea con il resto dell’Italia.
I dati riguardanti l’intera regione sono stati resi noti ieri dall’ufficio studi della Camera unica regionale. Va detto e va aggiunto un altro fattore di non poco conto: e cioè che le Marche, essendo una regione molto manifatturiera, il peso della crisi, dell’inflazione, del rincaro delle materie prime ed anche della guerra, che ha ‘bloccato’ alcuni importanti mercati, hanno pesato in maniera molto marcata. Di impatto anche il fatto che il panorama industriale marchigiano, tolta una mezza dozzina di grandi aziende, poggia soprattutto sulle piccole e medie imprese, molte delle quali lavorano come terzisti. Un segmento che risente in ritardo della crisi ma poi è quello che riparte anche più lentamente.
Il presidente della Camera Unica Gino Sabatini: "Il risultato di una serie di fattori negativi ha portato come risultato finale ad una generale scoramento di imprenditori ed aspiranti tali e questo ha rallentato la nascita di nuove imprese. Ed è anche su questo che le istituzioni in filiera devono lavorare, dare fiducia e dare strumenti concretio che l’alimentano”. Il lato consolatorio di Sabatini è questo: “Se non brilliamo per nuova vitalità imprenditoriale poi accade che in quanto ad esportazioni facciamo meglio dell’Italia anche al netto delle performance del farmaceutico – leggasi lo stabilimento della Pfizer di Ascoli Piceno – che pure è un comparto che genera valore e lavoro”.