BEATRICE GRASSELLI
Cronaca

La salute dell’Adriatico. Così piccolo e fragile: "Ma i due parchi marini sono fermi da 30 anni"

Conero e Piceno, l’iter per l’istituzione di aree protette avviato nel 1991. Gli esperti: risorse ittiche di taglia sempre più minuta, allarme moscioli .

L’attività di pesca intensiva sta depauperando la fauna ittica dell’Adriatico (archivio)

L’attività di pesca intensiva sta depauperando la fauna ittica dell’Adriatico (archivio)

Quanto si mangia in Adriatico, non si mangia da nessuna parte nel Mediterraneo. Stavolta, però, non ci si riferisce ai numeri dei locali per la ristorazione sulla costa, ma alla quantità di fauna ittica presente in un mare che, nonostante le numerose criticità ambientali degli ultimi anni – dai lunghi periodi di siccità alle più recenti alluvioni, passando per l’innalzamento delle temperature dell’acqua –, si è sempre distinto per la sua abbondanza. Si tratta di una qualità che ben conoscono i pescatori, ma anche i predatori come i delfini, che amano nuotare nell’Adriatico proprio per la sua pescosità. È un mare con caratteristiche molto particolari, semichiuso all’interno di un altro bacino semichiuso, il Mediterraneo, stressato come pochi altri a causa di un’elevata popolazione costiera e da attività di pesca intensiva. Per questo, a fronte anche del drastico calo di prodotti ittici tipici come il mosciolo di Portonovo e del ritorno (l’estate scorsa) delle mucillagini, ci si deve interrogare sul suo futuro e sulla necessità di adottare misure di tutela.

"Il mare delle Marche offre aree molto importanti dal punto di vista ecosistemico, tra le quali spiccano il Conero e il San Bartolo – spiega Roberto Danovaro, docente di biologia marina alla Politecnica delle Marche e presidente della Fondazione Patto con il mare per la terra –. Tra Pesaro e Gabicce si trovano le praterie sommerse più belle della regione e dell’Italia, con habitat di interesse europeo, mentre nel Conero, dove c’è un fondale misto, sia roccioso che sabbioso, la biodiversità è molto elevata. Questi ambienti fragili e straordinari ben meriterebbero una tutela all’interno delle aree marine protette".

Di fatto, sono ormai più di trent’anni che la legge quadro 394/91 sulle aree protette ha dato il via all’istituzione di due parchi marini, uno lungo la costa del monte Conero e l’altro nella zona del Piceno, ma a tutt’oggi, nonostante la strada spianata a livello normativo, nessuno di questi ha ancora raggiunto il traguardo. Da qualche anno si parla anche della possibile istituzione di un’area marina protetta lungo la costa del San Bartolo, ma con pochi passi in avanti concreti.

"La scienza ha dimostrato che le aree protette svolgono un ruolo fondamentale per il miglioramento della biodiversità – spiega Agnese Riccardi, biologa marina e ricercatrice della Politecnica, direttrice del circolo anconetano di Legambiente ‘Il Pungitopo’ e membro del tavolo tecnico istituzionale sul mosciolo –. Sulla costa adriatica ce ne sarebbe molto bisogno, a fronte di risorse ittiche di taglia sempre più piccola a causa della mancanza di misure di conservazione. Dove si stanno facendo esperienze di restrizione della pesca nate grazie alla cooperazione tra pescatori, amministratori e Guardia costiera, come nella Fossa di Pomo, al largo tra l’Italia e la Croazia, i risultati in termini di ripopolamento della fauna sono molto buoni. Purtroppo, lungo i circa 800 chilometri della costa adriatica, le aree protette sono solo quattro, mentre proprio la loro vicinanza sarebbe fondamentale per migliorare i risultati per lo sviluppo della biodiversità".

Ecco che il mosciolo, in questo contesto, diventa anche un simbolo. "La sua scarsità è un avvertimento, nel senso che dobbiamo invertire rotta – prosegue Riccardi –. E servono posizioni coraggiose, se non vogliamo che il mare diventi un deserto". Nell’attesa che si apra un varco – "e per l’area del Piceno recentemente è ripreso un dialogo", sostiene Danovaro –, ci sono altre azioni che si devono fare per mantenere il mare in salute. "È importante monitorare la qualità dei fiumi, anche per quanto riguarda lo sviluppo delle mucillagini, che fortunatamente non hanno lasciato strascichi, anche se solo tra fine maggio e giugno potremo valutare la situazione – dice ancora il docente –. Il Po fa sentire la sua influenza fino al Conero. Perciò, servono interventi di potenziamento delle depurazioni. Sui fiumi si gioca anche la partita delle lotte alle plastiche che arrivano al mare in grandi quantità, soprattutto dopo le alluvioni".