LUIGI LUMINATI
Cronaca

Giunta Marche, c'è solo una donna. Si torna davanti ai giudici

Regione, nella giunta (sette componenti) solo Giorgia Latini come quota rosa. Il Tar ha detto: "Tutto regolare". Ma ora la sinistra ricorre al Consiglio di Stato

Giorgia Latini, 41 anni, assessore regionale delle Marche, anche alle Pari Opprtunità

Ancona, 10 febbraio 2022 - Finisce al Consiglio di Stato la vicenda dell’unica donna presente (più sei uomini) nella giunta Acquaroli. Infatti la decisione del Tar Marche favorevole al centro destra è stata appellata per l ‘annullamento o la riforma della sentenza del 23 giugno scorso secondo la quale "è sufficiente una sola donna per garantire la rappresentanza di entrambi i sessi nella composizione della giunta regionale".

Un ricorso con 62 firme, a cominciare dalla consigliera di parità uscente, Paola Maria Petrucci, affinché "la democrazia si realizzi pienamente con l’apporto paritario di entrambi i generi". Al suo fianco soprattutto la tradizione di una sinistra movimentista, già schieratasi autonomamente, rispetto al Pd, anche nelle ultime elezioni regionali con la civica Dipende da Noi. Non è un caso, però, che a firmare il ricorso siano la consigliere regionale Pd Manuela Bora e il candidato governatore di Dipende da Noi, Roberto Mancini. Oppure l’ex magistrato e presidente regionale Vito D’Ambrosio. Evidentemente molte donne di sinistra non accettano l’unica assessore donna della giunta regionale con sei colleghi uomini. L’autonomia regionale può superare la legge Delrio, che per i Comuni con popolazione superiori a tremila abitanti prevede obbligatoriamente al 40% dei componenti di giunta la parità di genere.

"È una vergogna, Regione gestita come un piccolo Comune"

"Intanto il ricorso al Consiglio di Stato è un atto dovuto perché rischiamo un precedente pericoloso: la sentenza del Tar ha preso in considerazione solo una parte dello statuto regionale, in maniera incongrua e discutibile".  Paola Maria Petrucci ha alle spalle vent’anni di consigliera di parità tra comune e provincia di Ascoli Piceno prima e poi Regione Marche.

Cosa non le va bene? "Una delle cose più vergognose della sentenza del Tar è che basta una sola donna come rappresentanza di genere: proprio come un Comune di tremila abitanti. Non posso concludere la mia esperienza nella Regione Marche con questa sentenza e questa equiparazione". 

È un tema di pari dignità?  "Le leggi italiane, a partire dalla Costituzione, garantiscono la pari dignità e non la semplice rappresentanza. In tali leggi così come nello statuto della Regione Marche non si parla di ’presenza’ a proposito della partecipazione femminile ma, sempre, sempre di parità, pari opportunità, equilibrio, democrazia paritaria e rappresentanza".

Lei non ha risparmiato commenti anche salaci sulla sentenza del Tar Marche.  "Non posso permettere che una sentenza così, firmata da un collegio di soli uomini, faccia giurisprudenza. Diciamo che hanno deciso cosa dovevano sentenziare e poi argomentato. Mi sono sentita con un personaggio come Vito D’Ambrosio, che ha un’esperienza in magistratura molto specifica e una politica in Regione Marche post tangentopoli che non va dimenticata. D’Ambrosio mi ha confermato il suo appoggio è ha anche firmato il testo del ricorso". 

E’ un ricorso di sinistra?  "Io credo che su questa linea ci siano anche molte donne della maggioranza di centrodestra".

Il tema resta delicato... "Pefino il Testo Unico degli Enti Locali indica che, nelle composizioni delle giunte, le nomine devono avvenire nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini". 

"Battaglie ideologiche. La vera parità serve ai blocchi di partenza"

"Credo che insistere sulla strada del ricorso attraverso il Consiglio di Stato sia un errore. Di sicuro non apprezzo che la parità di genere sia espressa solo attraverso un regolamento risalente alle precedenti legislature e poi utilizzato per la polemica contro la giunta di centro destra". Elena Leonardi è la consigliera regionale di Fratelli d’Italia: come valuta questa situazione?"La sentenza del Tar mi pare già abbastanza significativa. Ho sempre apprezzato di più altre battaglie rispetto alle quote rosa".

A cosa si riferisce?  "Alla doppia preferenza con alternanza di genere votata nell’ultima parte della scorsa legislatura. Oppure all’alternanza di genere nei listini bloccati. Sono stati risultati positivi raggiunti". Gli obiettivi reali da raggiungere?  "La rimozione delle cause che impediscono alle donne di candidarsi, di fare politica. Sono blocchi sociali in partenza più che politici".  Del ricorso al Consiglio di Stato cosa pensa?  "Mi sembrano spesso più battaglie ideologiche che reali. Una lotta quasi fine a se stessa. Invece bisogna mettere uomini e donne alla pari nei blocchi di partenza. E lo dice una consigliera regionale dell’unico partito guidato a livello nazionale da un segretario donna come Giorgia Meloni. Le scelte vanno fatte sul merito non sul ’genere’».

Lei su cosa lavorerebbe?  "Su maggiori spazi per le candidature femminili, maggiore riconoscimento in generale sulla maternità".  Da sinistra dicono che anche nel centro destra non è stata apprezzata una giunta con un’unica assessore donna.  "Io ad essere sincera non l’ho vissuta così. E poi diciamo anche che a tutti i livelli, anche politici e lavorativi, c’è un certo riequilibrio di genere a favore delle donne. Nel mio percorso personale però non ci sono mai state rimostranze sui numeri, anche per la giunta Acquaroli è andata così".