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Il Resto del Carlino

LUCIA GENTILI

Marche

Cosa Fare

Castelli e manieri nelle Marche: ecco quelli da non perdere

Miti, leggende e fantasmi aleggiano dietro ogni palazzo storico. Nella regione sono tante le fortezze da visitare, vediamo insieme le storie da scoprire al loro interno

I castelli, le rocche e le fortezze da non perdere nelle Marche

Il mito letterario individua Gradara come possibile scenario del tragico amore di Paolo e Francesca. Ma i due personaggi sono realmente esistiti. Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore, signore di Ravenna e Cervia. Nel 1275 il padre decise di dare la mano di Francesca a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto, Johannes Zoctus &ndash; Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane, i signori di Rimini e Ravenna tramarono l&rsquo;inganno. Mandarono a Ravenna Paolo il Bello, fratello di Giangiotto: Francesca accett&ograve; con gioia e il giorno delle nozze pronunci&ograve; felice il suo &ldquo;s&igrave;&rdquo; senza sapere che Paolo la sposava artificiosamente per procura, ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. Scopr&igrave; l&rsquo;imbroglio la mattina seguente, quando vide di fianco a s&eacute; Giangiotto, e si disper&ograve;. Con il passare del tempo nacque una figlia, Concordia, e Francesca cercava di allietare come poteva le sue giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, spesso faceva visita alla cognata. Uno dei fratelli, Malatestino dell&rsquo;Occhio, spiando, si accorse degli incontri segreti tra i due. Un giorno del settembre 1289, Paolo pass&ograve; per una delle sue solite visite e qualcuno (forse proprio Malatestino &ldquo;quel traditor&rdquo;) avvis&ograve; Giangiotto. Quest&rsquo;ultimo che ogni mattina andava a Pesaro ad espletare la sua carica di podest&agrave;, finse di partire ma rientr&ograve; da un passaggio segreto e&hellip; mentre Paolo e Francesca leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, &ldquo;come amor li strinse&rdquo;, si diedero un bacio. Proprio in quell&rsquo;istante Giangiotto apr&igrave; la porta e li sorprese: accecato dalla gelosia tir&ograve; fuori la spada. Paolo cerc&ograve; di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma il vestito si impigli&ograve; in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si par&ograve; dinnanzi per salvarlo. Giangiotto li uccise entrambi. Dante mette gli &ldquo;sventurati amanti&rdquo; all&rsquo;Inferno, ma li fa vagare assieme.

Castello di Gradara (PU)

Paolo e Francesca innamorati nel Castello di Gradara (Pesaro)

La Rocca di Acquaviva Picena &egrave; la maestosa fortezza trecentesca che domina l&rsquo;omonino paese, in provincia di Ascoli Piceno. La leggenda narra che erra senza pace, nella cittadella militare, il fantasma del Capitano della Rocca, lasciatosi corrompere nel 1432 da Giosia Acquaviva. Questi gli aveva promesso che non avrebbe in alcun modo infierito sui residenti, in quanto il suo unico interesse era quello di riappropriarsi dell&rsquo;antico maniero di famiglia. Ma, una volta penetrato all&rsquo;interno della Fortezza, Giosia massacr&ograve; l&#39;intera guarnigione, oltre ai suoi pochi abitanti, trovandovi, infine, morte violenta anche il Capitano della Rocca, in un estremo tentativo di evitare l&#39;eccidio della sua famiglia. Tra i sibili del vento che si canalizza nei camini e misteriosi lamenti, nelle notti di inverno il fantasma del Capitano della Rocca vaga, cercando la sua famiglia, schiacciando contro le mura e scuotendo chi si trova dinanzi, come volesse far rinsavire qualcuno dal perduto senno per interrogarlo. Ancora oggi alcuni anziani del posto tramandano la storia del fantasma.

La Fortezza di Acquaviva Picena e il suo fantasma del Capitano

Il fantasma del Capitano nella Fortezza di Acquaviva Picena (Ascoli Piceno)

Un mistero avvolge uno dei palazzi nobiliari pi&ugrave; importanti di Ancona. La leggenda narra che nei piani superiori del Palazzo Benincasa di Ancona si trovi lo spettro di una ragazza che, nelle ore notturne, suona il pianoforte. La giovane sarebbe morta pi&ugrave; di 150 anni fa. 
&nbsp;

Palazzo Benincasa ad Ancona

La triste melodia di Palazzo Benincasa ad Ancona

Si narra che il maniero, a Caldarola, sia abitato dal fantasma di Maddalena Pallotta, la cui voce riecheggia ancora per le stanze, accompagnata dalle note di un flauto traverso. Uno spettro mansueto, che sembra non aver mai abbandonato questo luogo; preferirebbe apparire alla presenza di giovani fanciulle, forse evocato dalla purezza dei loro cuori. Nel 1840 Maddalena Pallotta venne data in sposa al cugino, il conte Giuseppe, che per&ograve; era innamorato di Giulia Corraducci. Giuseppe lasciava spesso la moglie da sola nel castello, per raggiungere la sua amata. Maddalena cercava di consolarsi suonando il flauto, ma mor&igrave; di tristezza dopo un paio d&rsquo;anni. Secondo una leggenda, fu avvelenata con un succo di bacche di tasso, una pianta velenosa che si trovava nel parco del castello. Diventata inagibile con il terremoto 2016, oggi nella struttura sono in corso i lavori di ricostruzione. Terra d&rsquo;arte e di castelli, Caldarola stupisce il visitatore con il sapore fiabesco del suo antico maniero dalle merlature guelfe. Conosciuta anche come &ldquo;Terra dei cinque Castelli&rdquo;, &egrave; circondata dai borghi medievali di Vestignano, Pievefavera, Croce e Valcimarra. Tutti insieme, fanno da corona al paese.

Castello Pallotta a Caldarola in provincia di Macerata

Le antiche leggende di Castello Pallotta a Caldarola (Macerata)

Una leggenda narra che il sole, sedotto dalla bellezza di Urbino, un giorno si avvicin&ograve; cos&igrave; tanto alla citt&agrave; per rimirarla che s&rsquo;impigli&ograve; in una delle torri del Palazzo Ducale e la sua forma infuocata ispir&ograve; una giovane fornaia nel realizzare una focaccia sfogliata che, per la leggera lievitazione e il desiderio di volare in alto, fu chiamata &ldquo;crescia&rdquo;. Sempre a Urbino, secondo alcuni testimoni, sarebbe stato avvistato il fantasma di Raffaello; nel 2019 una delegazione dell&rsquo;associazione National Ghost Uncover era stata in citt&agrave; per effettuare indagini alla ricerca dello spettro dell&rsquo;illustre pittore.

Il Palazzo Ducale ad Urbino

Da Palazzo Ducale al fantasma di Raffaello (Urbino)

La Rocca Ubaldinesca &egrave; una fortificazione dell&rsquo;epoca rinascimentale nel Comune di Sassocorvaro Auditore (in provincia di Pesaro e Urbino), nel Montefeltro. 
La pianta della Rocca a forma di tartaruga, simbolo esoterico e alchemico (ricorrente simbolo di perseveranza e saggezza), &egrave; la firma del conte Ottaviano Ubaldini, signore di Sassocorvaro, &ldquo;principe italiano dell&rsquo;astrologia&rdquo;. L&rsquo;edificio, oltre alla struttura militare, &egrave; concepito al suo interno come una &ldquo;Dimora filosofale&rdquo;, una &ldquo;Casa dello Spirito&rdquo;, dove vivere da umanisti, pi&ugrave; che da soldati. &Egrave; un grande &ldquo;Libro di pietra&rdquo;, ricco di elementi simbolici, da sfogliare attentamente alla ricerca dei significati nascosti. 
Oggi la Rocca ospita un laboratorio alchemico con alambicchi e strumenti della Magnus Opus (Grande Opera), e una biblioteca di 2000 volumi di genere esoterico, a sottolineare la sua vocazione. 
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la struttura &egrave; stata protagonista dell&rsquo;Operazione Salvataggio: qui furono nascosti, custoditi e salvati dai pericoli del conflitto ben 10.000 capolavori provenienti dai musei marchigiani e nazionali; uno tra tanti, &ldquo;La Tempesta&rdquo; del Giorgione. Il salvataggio di opere d&rsquo;arte pi&ugrave; importante che sia mai stato realizzato in Italia. 
Inoltre gli appassionati di mistero conoscono questo luogo perch&eacute; non sono mancate le indagini da parte dei cercatori di fantasmi; si parla in particolare di una presenza con baffi, basco con piuma mantello di velluto marrone, che verrebbe associata al feroce Duca Valentino, al secolo Cesare Borgia, vissuto nella Rocca intorno al 1500.

Rocca di Sassocorvaro in provincia di Pesaro Urbino

Alchimia ed esoterismo alla Rocca di Sassocorvaro (Pesaro)

Il Palazzo della Rocca si trova su un&rsquo;altura adiacente al centro storico di Pergola, in provincia di Pesaro Urbino; &egrave; circondato da una zona boscosa e da un parco in abbandono. Della Rocca, demolita per ordine di Guidobaldo I duca di Urbino, sono rimasti due torrioni diroccati e coperti d&#39;edera, la Cappella Gentilizia, parte della cerchia di mura perimetrali e dei sotterranei con volta a botte. I ruderi sovrastano su di un colle l&rsquo;intera citt&agrave;. Anche questo edificio &egrave; legato a Cesare Borgia. Il 21 giugno 1502 lui, il Valentino, prese Urbino. Nella Rocca di Pergola ordin&ograve; un atto di efferata violenza: fece strangolare Giulio Cesare da Varano, signore di Camerino, e tre dei suoi quattro figli. La leggenda vuole che ancora oggi, se ci si aggira di notte fra quei ruderi e per le cantine e i sotterranei del centro storico, si sentano i rantoli e i lamenti dei poveri sventurati.

Rocca di Pergola in provincia di Pesaro Urbino

Rocca di Pergola, dove il “Valentino” strangolò il Signore di Camerino (Pesaro)

La Rocca Varano &egrave; un&rsquo;antica fortezza, costruita su uno sperone roccioso a poca distanza dal centro abitato di Camerino (Macerata). Roccaforte a cui &egrave; legata la storia della signoria Da Varano, una delle famiglie pi&ugrave; longeve dell&rsquo;Italia fra Medioevo e Rinascimento, testa di ponte di un sistema difensivo formato da castelli, rocche, e torri di guardia e di avvistamento, Rocca Varano, posta su di un alto sperone di roccia, ieri come oggi &egrave; la sentinella a controllo dell&rsquo;intera valle sottostante. &Egrave; il nido d&rsquo;aquila imprendibile da cui &egrave; partita la scalata al potere di una famiglia di feudatari che con l&rsquo;arte delle armi e del diritto fondarono una delle signorie pi&ugrave; potenti dell&rsquo;Italia centrale: i da Varano, una casata dalle origini non ancora ben decifrate ma di cui si favoleggiano ascendenze anglo-normanne che innalzava il vessillo timbrandolo con quello ben pi&ugrave; feroce del cane marino, il drago, il varano, posto a guardia e protezione di citt&agrave;, castelli e fortezze 
Tra i capostipiti due guerrieri: Gentile (solo di nome), e Rodolfo, il quale ord&igrave; le prime trame che condussero la famiglia a governare su un possedimento che si estendeva dagli Appennini all&rsquo;Adriatico. Rocca Varano controllava la via che portava a Roma e nulla sfuggiva ai suoi occupanti. Testa di ponte di un ampio sistema difensivo, parlava con le parole del fuoco e del fumo per trasmettere messaggi agli altri fortilizi ad essa collegati. Messaggi che venivano replicati e subito trasmessi. Sentinella e porta di un territorio che vide le gesta di grandi capitani di ventura, dallo Sforza al Piccinino al Montefeltro.

Rocca Varano a Camerino

Rocca Varano a Camerino (Macerata)

C&rsquo;era una volta una brigantessa, chiamata La Mazzarantana, che agiva in coppia col suo compagno, Lu Ragnu. I due per lunghi anni batterono le campagne della zona, aggredendo e derubando chiunque incontrassero. La loro storia tuttavia ebbe un finale tragico ed efferato: si narra infatti che una notte avessero trovato riparo per dormire nel forno di un contadino, il quale, stanco dei loro soprusi, senza farsi vedere li chiuse dentro e lo accese, uccidendoli in modo atroce. Questo fatto avvenne nei pressi del Castello della Rancia, dove sembra che ancora oggi le due anime in pena si aggirino senza pace. Questo edificio di forma quadrangolare, composto da una cinta merlata rafforzata da tre torri angolari, &egrave; uno dei simboli della citt&agrave; di Tolentino (Macerata). Un&rsquo;altra leggenda narra che Rodolfo II mur&ograve; sua moglie ancora viva all&rsquo;interno del castello. Probabilmente il termine &ldquo;Rancia&rdquo; &egrave; una corruzione della parola &ldquo;grancia&rdquo;, ovvero &ldquo;granaio&rdquo;, dal francese grange, mutuato dal latino granica, nome che i Camaldolesi e altri ordini monastici danno alle loro fattorie fortificate. Costruito come fattoria fortificata nella met&agrave; dell&rsquo;XI secolo, nella contrada Rancia, sulla pianura situata alla sinistra del fiume Chienti, il maniero era inizialmente una sorta di casa-torre con strutture autonome per la difesa delle derrate agricole. 
Il maniero viene ampliato e adattato nel XIV secolo (1352-1355) per volont&agrave; di Rodolfo II da Varano, senza perdere la sua funzione originaria, e utilizzato come dimora signorile.

Castello della Rancia (Tolentino)

Storie di briganti e di fantasmi al Castello della Rancia di Tolentino (Macerata)

Non solo Paolo e Francesca. C&rsquo;&egrave; anche un&rsquo;altra coppia di amanti sventurati nelle Marche. Pierosara, frazione del Comune di Genga (in provincia di Ancona), prende il suo nome da una leggenda. Un antico castello sorto su un colle a dominio del territorio circostante: &egrave; questo lo scenario della romantica storia. Si narra che il Conte di Rovellone, feudatario del Castello di Rotorscio, conobbe una fanciulla di nome Sara, che abitava a Castel Petroso. Si innamor&ograve; di lei, ma decise di rapirla poich&eacute; era promessa sposa ad un altro castellano, di nome Piero. Cos&igrave; una notte il feudatario si introdusse nel castello e riusc&igrave; nel suo intento. Tuttavia gli abitanti del luogo si accorsero subito del misfatto e, per evitare il peggio, chiusero le porte di accesso e iniziarono una violenta battaglia contro i cavalieri seguaci del conte di Rovellone. Durante la rissa, il conte, vistosi alla resa, uccise la bella Sara che teneva fra le braccia. Sopraggiunto Piero piomb&ograve; addosso all&rsquo;assassino, il quale, brandendo una scure, colp&igrave; anche lo sfortunato giovane che cadde morente vicino alla sua giovane amata e, con un ultimo abbraccio, le spir&ograve; accanto. Per ricordare questo triste avvenimento, Castel Petroso, da quel giorno, prese il nome di Pierosara.

Borgo di Pierosara frazione del comune di Genga

Da Castel Petroso a Pierosara (Ancona): un’altra coppia di sfortunati amanti

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