La versione di Giulio Pellizzari. “Il Giro d’Italia mi ha insegnato a non perdermi mai d’animo. Ora sogno il Tour e la nazionale”

Il camerte ospite del Carlino: Pogacar mi ha detto che sono forte e ho il futuro nelle mie mani "Passato dal possibile ritiro allo sfiorare la vittoria di tappa, indimenticabile la salita del Grappa".

"Il Giro d’Italia mi ha insegnato a non perdermi mai d’animo. Ora sogno il Tour e la nazionale"

"Il Giro d’Italia mi ha insegnato a non perdermi mai d’animo. Ora sogno il Tour e la nazionale"

"Ho conosciuto il vero ciclismo dove in tre settimane può succedere di tutto: da pensare al ritiro a quasi vincere poi una tappa. Ecco, mai perdersi d’animo è stato l’insegnamento del Giro d’Italia". Giulio Pellizzari, ventenne di Camerino, ricorda – ospite della redazione del Carlino di Macerata – la lezione della corsa ricevuta alla prima partecipazione, da più giovane in gara.

Pellizzari, ma quando ha pensato di ritirarsi?

"Nella tappa di Francavilla. Ero raffreddato, avevo mal di gola e tossivo, ma ho tirato avanti perché volevo fare la tappa nelle Marche. Nel giorno di riposo mi sono ripreso".

E meno male, anche perché ha indossato la maglia azzurra (quella del migliore scalatore). Quale responsabilità comporta indossarla?

"Ce l’hanno avuta tanti campioni e dovrò onorarla lottando su ogni pallone come un calciatore. Quella maglia è una responsabilità, ma anche un orgoglio e un’emozione".

Qual è stato il momento indimenticabile?

"La salita sul Monte Grappa, ai bordi della strada c’era tanta gente che gridava forte il mio nome. Gli organizzatori hanno stimato che lungo quei 18 km in salita ci saranno state circa 150mila persone: sono arrivato sesto al traguardo".

Non danno fastidio quelle persone a bordo strada?

"Trasmettono una carica straordinaria".

Alla vigilia del Giro sentiva attorno fiducia o c’è stato chi non credeva che lei fosse pronto per questo appuntamento?

"C’era chi riponeva in me fiducia e ci saranno stati gli scettici, da parte mia c’era molta curiosità".

Il Giro è andato bene e Amadori, ct della nazionale under 23, ha detto che c’è molto da attendersi da lei. Le mette pressione sapere che su di lei sono riposte tante aspettative?

"Lo vedo come uno stimolo e se c’è chi ha fiducia in me vuol dire che ho fatto qualcosa di buono. Sono attestati che mi danno carica".

Dove conserva la maglia e gli occhiali che Pogacar le ha regalato?

"A casa ho un un angolo dove tengo i trofei miei e di mio fratello, la maglia rosa l’ho incorniciata mentre gli occhiali sono dentro una teca".

Quale complimento le ha fatto il vincitore del Giro?

"Mi ha detto che sono forte e che ho il futuro nelle mie mani".

Qual è stata la tappa più dura?

"Quella di Livigno per i 230 km di lunghezza e per una pendenza che toccava il 20%".

Non è una mazzata alzare lo sguardo e vedere una salita con una simile pendenza?

"La vivo bene perché vedo gli altri fare più fatica di me".

Quanto si allena a settimana?

"In sei giorni mi alleno per 20 ore".

Quanta strada ha percorso?

"Da gennaio 16mila km, compresi i 7.219 fatti in gara. Per quest’anno dovrei toccare i 25mila".

Ma quanta fatica!

"Il giusto, come ogni cosa. E poi a me non pesa affatto perché mi piace andare in bici".

Quanta visibilità le ha dato il Giro d’Italia?

"Si tratta di un appuntamento molto seguito, c’è chi mi suona il clacson quando mi incrocia mentre mi alleno per strada".

Il Tour è anche il suo sogno?

"Lo è di qualsiasi ciclista. In futuro vorrei farlo e magari vincere. Il Tour è il terzo evento sportivo del mondo dopo i Mondiali di calcio e le Olimpiadi. L’altro sogno è poter indossare la maglia della nazionale".

Qual è il prossimo appuntamento?

"Il Giro d’Austria (2-7 luglio), poi stacco una settimana".

I ciclisti quando vanno in vacanza?

"A ottobre e quest’anno penso di andare in Messico".

Lei ha il diploma per Geometri, i professori sono stati comprensivi di fronte agli impegni sportivi?

"Assolutamente sì, ricordo che alle 13 mangiavo in classe perché subito dopo mi mettevo in bici per allenarmi e il lunedì dopo le gare non ero interrogato".

Quando ha capito che sarebbe diventato un professionista?

"A 17 anni quando sono stato chiamato dalla Vf Group - Bardiani - Faizanè".

E adesso si sente arrivato?

"Macché, mi aspettano ancora tanti esami. C’è ancora tanto da pedalare".

Lorenzo Monachesi

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