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MasterChef 7, Simone è il re. Le armi vincenti di un simbolo delle Marche / VIDEO

Lo studente di Montecosaro vince il duello con Kateryna nella puntata finale. Ecco il suo menù, il punto più alto di un crescendo inarrestabile

MasterChef 7, Simone Scipioni festeggia nella sua Montecosaro (foto De Marco)

Montecosaro (Macerata), 9 marzo 2018 – “Il vincitore della settima edizione di MasterChef Italia è Simone!”. Quando ieri sera Bruno Barbieri ha annunciato il trionfo di Scipioni, non si sono sorpresi in molti. Ma alzi la mano chi, dopo la prima puntata dello show di Sky, avrebbe scommesso un euro sullo studente di Montecosaro.

Il “giovane vecchio”, come lo ha ribattezzato Joe Bastianich, non sembrava avere la tecnica di Kateryna, né la personalità di Denise, né l’esperienza di Davide, né la sicurezza e la creatività di Alberto. Insomma, non sembrava possedere il ‘phisique du role’ del vincitore di MasterChef. Ma in cucina la distanza tra l’apparire e l’essere viene annullata da un assaggio. In quel momento svaniscono i gesti, gli sguardi, le parole; tutto ciò che i corpi trasmettono e la tv amplifica. Ed è lì, in quella sensazione di piacere che fonde mente e cuore, che si misura l’abilità di un cuoco. Tutto è relativo, dunque. Forse è per questo che Scipioni ha deciso di giocarsi la finale con un menù degustazione intitolato S = mc². Una parodia della formula di Einstein che potrebbe voler dire Simone uguale Montecosaro al quadrato, oppure, perché no, Simone uguale Marche al quadrato.

Simone, infatti, delle Marche è stato un simbolo orgoglioso e consapevole. Altri due concorrenti, marchigiani come lui, hanno scelto un approccio diverso. Manuela Costantini, ascolana trapiantata a Milano, ha esibito una dizione impeccabile; Italo Screpanti, l’ex aviatore nato a Pedaso 74 anni fa, ha parlato solo di Locarno e Porto Cervo. Scipioni no: ha ripetuto la parola Montecosaro in maniera ossessiva, che neanche Berlusconi meno tasse per tutti. In finale perfino, con la sfacciataggine e la schiettezza del dialetto: “Vengo da Monteco’, un paese dimenticato dal mondo”.

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Non più, caro Simone. È per questo che ieri sera, al termine dell’ultima puntata di MasterChef, il Comune lo ha festeggiato come un re (foto e video). Lo studente poco più che ventenne lo aveva previsto: “A Monteco’ me fanno patrono, santo subito, me intitoleranno una via”. A questo e non ad altro pensava dopo aver incassato 100mila euro in gettoni d’oro e la possibilità di pubblicare un libro di ricette tutto suo. Perché, come rivelato a Bastianich in finale, è lì che si vede fra trent’anni.

Un giovane uomo lusingato dalle luci di un’emittente internazionale che non si vergogna delle sue origini. Anzi. Lo dimostrano i piatti con cui ha battuto Kateryna nello scontro decisivo. ‘Quello che non strozza ingrassa’: olive all’ascolana ripiene di ciauscolo e pollo con concassé ai pomodori alla vaniglia e aneto; ‘Guarda come vongolo’: gazpacho di sedano, peperone e mela verde con vongole affumicate e tzatziki; ‘Cappellaccio matto’: cappellacci ripieni di melanzane perline con fonduta leggera di parmigiano, olio al basilico e polvere di pomodoro; ‘Voulez vous Quaglier avec moi?’: petti di quaglia con foie gras, spinacino, salsa olandese e timo; ‘Dolce far niente’: meliga sbriciolata, mousse di ricotta e burrata e salsa di pesche saturnie aromatizzate al rosmarino e mistrà.

Un menù trionfale, approdo di un crescendo irresistibile. “Non credevo di prendere il grembiule, non credevo di entrare nella classe, non credevo di arrivare in finale, non credevo di vincere”, ha raccontato dopo la proclamazione. Eppure non ha mai smesso di lottare: “pessimismo della ragione e ottimismo della volontà”, suggeriva Gramsci. Armi tipiche dei marchigiani, che si sono tradotte nella cucina di MasterChef in capo chino, tanto studio e niente paillettes. “Meglio essere belli, intelligenti o felici?”, gli chiese un giorno Bastianich. “Intelligenti”, rispose Simone preferendo, se è consentita la metafora, un motore potente a una carrozzeria accattivante e a una meta da sogno. Per quella basta un viaggio, per tutto il resto c’è Montecosaro.

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