FRANCO VEROLI
Economia

Emergenza salari, gli stipendi in provincia non decollano. “Aumenta il precariato”

I sindacati commentano i dati elaborati dalla Cgia di Mestre sulle retribuzioni. Siamo al 60esimo posto in Italia, penultimi in regione, davanti solo ad Ascoli Piceno

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È di 19.344 euro la retribuzione media lorda corrisposta in un anno ai lavoratori dipendenti del settore privato in provincia di Macerata, equivalente a una media di 80 euro lorde al giorno

Macerata, 10 settembre 2024 – È di 19.344 euro la retribuzione media lorda corrisposta in un anno ai lavoratori dipendenti del settore privato in provincia di Macerata, equivalente a una media di 80 euro lorde al giorno. Questo il dato – riferito al 2022 - che emerge dall’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia su dati Inps e Istat, un numero molto lontano da quello della provincia di Milano che svetta in testa alla classifica con 32.472 euro (126,01 al giorno), ma anche più basso della media italiana (22.839 euro) e della media regionale (20.279 euro). Tra le 103 province prese in esame, Ancona si colloca al 40esimo posto, con 21.488 euro lordi l’anno (86,82 giornalieri), Pesaro – Urbino al 48esimo, con 20.853 euro lordi l’anno (84,49 giornalieri), Macerata al 60esimo. Chiude Ascoli Piceno, con 18.737 euro lordi l’anno (79,63 euro). I fattori che concorrono a determinare le retribuzioni sono molti e diversi, a partire da quella che si chiama produttività, vale a dire il valore aggiunto per ora lavorata: nel 2011, nelle Marche era di 30,5 euro, nel 2021 è salito a 34,9 euro, con una crescita del 14,6%, appena al di sotto della media nazionale (+ 14,7%).

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Poi pesa il numero delle giornate lavorate nell’anno che nella nostra provincia sono mediamente 241,7 (Ancona 247,5, Pesaro – Urbino 246,8, Ascoli Piceno 235,3), decisamente meno degli “stacanovisti”, come li definisce la Cgia, della provincia di Lecco (264,2 giornate), Vicenza (262,6), Biella (262,4) e Padova (261,9). Le disuguaglianze salariali tra Nord e Sud, ma anche tra aree rurali e urbane, poi, sono legate anche al fatto che nel settore privato “le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie, che tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media, sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord”. E non va dimenticato che “il lavoro irregolare, molto diffuso nel Mezzogiorno, da sempre provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori che tradizionalmente sono investiti da questa piaga sociale (agricoltura, servizi alla persona, commercio, etc.)”. In ogni caso, come rilevato di recente dall’Ocse, l’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea in cui si guadagna meno che nel 1990.

“L’indagine della Cgia conferma quello che stiamo dicendo da anni, e cioè che c’è una vera e propria emergenza salari”, afferma Daniele Principi, segretario provinciale della Cgil. “Se i contratti che scadono ogni tre anni vengono rinnovati dopo cinque – prosegue Principi - se il precariato aumenta ed è sempre più la modalità di accesso al lavoro, se aumentano i part time involontari, purtroppo c’è poco da stupirsi”. Secondo Principi ci sono cose almeno due cose da fare immediatamente: “Rinnovare i contratti prima possibile, con un recupero reale dell’inflazione, non fissando a tavolino un + 5,5% (come ha fatto il Governo) quando il rincaro dei prezzi è stato del 15%; rafforzare la contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale nel caso dell’artigianato”.

“La provincia di Macerata ha molte piccole e medie imprese con contratti che fanno la differenza, con un gap forte rispetto alle grandi imprese”, sottolinea Rocco Gravina della Cisl. “Ci sono poi tanti contratti a tempo determinato e la contrattazione di secondo livello è piuttosto rara. Diffondere quest’ultima, ma lavorando anche con i Comuni sulla “contrattazione sociale” inerente ai servizi, sono interventi che possono far aumentare il potere d’acquisto dei salari”. “E’ un segnale molto preoccupante, ma che va analizzato in relazione alla difficile situazione economica, in cui c’è un forte peso del precariato”, afferma Sergio Crucianelli, della Uil. “Serve una presa di coscienza da parte di tutti i soggetti interessati per rilanciare una provincia che con il terremoto e il Covid ha subito colpi molto pesanti”.