FRANCO VEROLI
Economia

La classifica degli stipendi: Macerata perde terreno

La retribuzione media dei lavoratori dipendenti è 11.058 euro l’anno, meno di Pesaro e Ancona. Milano al primo posto: supera i 30mila

Sergio Crucianelli, referente della Uil di Macerata

Macerata, 21 febbraio 2023 – Retribuzioni ferme al palo in provincia di Macerata. Lo stipendio medio pro capite dei lavoratori dipendenti è passato da 11.007 euro del 2019, a 10.177 nel 2020 e, poi, a 11.058 nel 2021. Nel triennio, dunque (nel 2020, causa lockdown, c’è stato un calo di 830 euro), c’è stata una crescita di 51 euro.

Nelle Marche, a parte la provincia di Fermo, che nel 2021 presenta un reddito medio ancora al di sotto di quello del 2019 (9.966 euro, –4,3%), quella di Macerata ha registrato un incremento davvero misero, appena lo 0,5% in più rispetto ai migliori risultati delle province di Ancona (11.812 euro, +3,2%), Ascoli (+2,5%, anche se il reddito medio – 10.612 euro – è più basso di quello di Macerata), Pesaro (13.332 euro, +2,3%).

Questo il quadro che emerge dalle elaborazioni provinciali realizzate dal Centro Studi Tagliacarne sulle voci che compongono il reddito disponibile a prezzi correnti. Si tenga anche conto del fatto che il valore della nostra provincia è inferiore di 1.415 euro rispetto alla media nazionale, con la provincia di Milano che svetta al primo posto con uno stipendio medio di 30.464 euro. Un primato, però, che va posto in relazione al fatto che nella provincia del capoluogo lombardo la percentuale del reddito da lavoro dipendente sul totale del reddito disponibile (le risorse che le famiglie hanno a disposizione per consumi e risparmio) è del 90,7%, mentre in provincia di Macerata si ferma al 56,8%.

"L’analisi dimostra che la geografia delle retribuzioni è diversificata territorialmente, e sotto vari aspetti non rispetta la tradizionale dicotomia nord-sud", ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne. "Se, infatti, confrontiamo la graduatoria del Pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza) con quella delle retribuzioni, vediamo che nel primo caso tutte le ultime trenta posizioni sono appannaggio di province meridionali (con la sola eccezione di Rieti), mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben dieci province del centro-nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale".

Comunque sia, nessun dubbio che in provincia salari e stipendi abbiano intercettato poco o nulla dalla ripresa post pandemia. "Purtroppo sono dati che non mi sorprendono e che non dicono tutta la verità", afferma Daniele Principi, segretario provinciale della Cgil. "Rispetto al valore nominale, infatti, se si tiene conto di un’inflazione all’8% – prosegue – le retribuzioni sono addirittura diminuite. È necessaria una politica salariale che incrementi le retribuzioni dei lavoratori dipendenti che, sia detto per inciso, sono quelli che versano l’85% dell’Irpef. Da una parte il governo deve intervenire sulla fiscalità affinché il salario netto in busta paga sia più pesante, dall’altra è necessario rinnovare i contratti. In alcuni settori sono fermi da diversi anni".

"L’effetto combinato di una situazione di crisi e della pandemia, a cui si sono aggiunte le conseguenze della guerra, più altri fattori congiunturali, hanno prodotto una vera e propria stag nazione delle retribuzioni", sottolinea Rocco Gravina, referente della Cisl di Macerata. "È necessario agire su due fronti: incrementare i salari e combattere l’inflazione", evidenzia Sergio Crucianelli, referente Uil di Macerata. "Sono dati che confermano le serie difficoltà in cui versa l’economia della nostra provincia, che hanno l’effetto più pesante proprio sulle retribuzioni dei lavoratori. Buste paga che non crescono o, peggio, diminuiscono, spesso segnalano aziende in sofferenza che fanno fatica a reggere l’urto di tanti fattori combinati assieme: la crisi, economica, il terremoto, la pandemia. È necessario intervenire affinché i lavoratori recuperino potere d’acquisto".