Macerata, 2 aprile 2022 - È morto giovedì sera, all’ospedale di San Severino, il maceratese Tullio Moneta. Aveva 85 anni, vissuti come se fossero sei vite. Moneta è stato atleta, commerciante e mercenario in Africa, poi attore ancora in Africa e a Hollywood, imprenditore e spia.
Ha conosciuto i divi del cinema e i soldati in Congo, è passato dalle Rolls Royce agli agguati nella giungla, rischiando la morte almeno in un paio di occasioni. Alla fine era tornato a Macerata, dove aveva ritrovato tanti amici.
Nato nel 1935 a Fiume, era arrivato in città a sette anni. Poi nel 1957 si trasferì in Umbria. Campione di lancio del peso, era tra gli atleti in lizza per le olimpiadi. Conoscendo inglese e francese, trovò lavoro per una compagnia francese di import-export e, nel 1961, fu mandato in Sierra Leone, girando la costa occidentale dal Senegal al Gabon. Poi si spostò in Sudafrica e iniziò a lavorare per il cinema grazie a una serie di incontri fortunati. Per un film arrivò in Congo, dove c’era la guerra.
Alla fine del ’64 a Kinshasa Mike Hoare del quinto comando cercava un interprete: arruolò Moneta con l’armata nazionale del Congo. "Mesi di addestramento, intanto vedevo armi, trofei: ero entusiasta", ricordava lui. Con il quinto comando partecipa ad attentati, imboscate contro i ribelli Simba. "Sono stato ferito più volte, in due casi mi diedero per morto. Però mi piaceva combattere, era la mia natura. C’erano anche motivi ideali, ho sempre voluto difendere l’Occidente contro il marxismo. La molla più forte però era lo spirito di avventura".
Tornato a Johannesburg, si riavvicinò al cinema e alla tv, iniziando a recitare. Lavorò con Rossano Brazzi, Jack Palance, Roger Moore, Tippi Hedren, Richard Burton e Don Ameche.
"Ho avuto piccole parti – raccontava –, ho fatto il consulente militare per varie produzioni, come "I quattro dell’oca selvaggia". Sono stato a Hollywood, ma mi annoiavo a morte". Così aveva smesso, avviando varie attività, dall’edilizia alla sicurezza per enti e banche.
Intanto continuava a occuparsi di intelligence, con missioni in Unione sovietica, nei Balcani, in Medio Oriente. Negli anni Ottanta partecipò a una operazione alle Seychelles. "C’era stato uno spostamento a sinistra che preoccupava qualcuno. A Mike Hoare e me chiesero di rimettere in carica il presidente filo occidentale, deposto dal vice. Fummo arrestati per pirateria aerea, condannati e rimessi in libertà grazie alle trattative internazionali".
Dopo anni vissuti in Sudafrica, dove ha due figli, nel 2013 era tornato a Macerata. Qui si era anche iscritto all’università. "Ha passato gli ultimi anni tra un ricovero e l’altro – ricorda l’amico Giorgio Rapanelli –, soffrendo stoicamente fino alla fine, avvenuta nella tarda serata di giovedì. Aveva sempre combattuto per la salvaguardia della civiltà occidentale. Aveva in programma di educare alla lotta i giovani su questa strategia, poiché si era accorto che la nostra civiltà europea era stata tradita.
Diceva che alle democrazie popolari sono state imposte "signorie e principati". Quindi, pur nel suo piccolo, voleva fare qualcosa per ristabilire i diritti dei popoli. Mi chiedeva sempre, non potendo farlo di persona, di ringraziare per l’aiuto i servizi sociali del Comune di Macerata, le Acli, l’ospedale di Macerata, la clinica Marchetti, Villa Pini e l’Istituto Santo Stefano, gli ospedali di Civitanova, Treia, Camerino e San Severino e la casa di riposo di Mogliano, dove aveva vissuto per alcuni mesi. Infine, un saluto affettuoso ai diversi amici che in Italia hanno collaborato con lui, insieme a quelli maceratesi della sua giovinezza e a quelli di recente conoscenza". Il funerale si terrà poi lunedì alle 9, nella chiesa del Sacro Cuore.