Macerata, 13 novembre 2016 - La terra nel centro Italia continua a ballare e non c’è bisogno dei sismografi per accorgersene. Sono le tre le scosse che ieri sono state avvertite distintamente nel Maceratese. Quella che si è sentita più forte, per la verità, ha avuto epicentro nel Reatino, a quattro chilometri da Accumoli (venti da Castelsantangelo sul Nera): è stata di magnitudo 4.1 (in un primo momento l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia l’aveva classificata come 4.2) ed è stata registrata alle 15.43.
Altre due, invece, hanno avuto epicentro nel Maceratese. La prima, alle 13.34, è stata di magnitudo 3.9 (nove chilometri di profondità), con epicentro a cinque chilometri da Fiastra e Acquacanina, sei da Fiordimonte e Ussita, otto da Bolognola, Visso e Acquacanina. La seconda, di magnitudo 3.7, è stata registrata alle 13.59 a otto chilometri di profondità e con l’epicentro localizzato nella stessa zona dei Monti Sibillini. Al di là degli eventi più significativi, per tutta la giornata di ieri i sismografi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non hanno smesso di registrare scosse. Praticamente una ogni dieci minuti, di magnitudo pari o superiore ai 2.0 gradi.
Ma quanti sono stati i terremoti importanti nelle Marche? Che effetti hanno prodotto? Lo abbiamo chiesto a Viviana Castelli, ricercatrice Ingv di Ancona.
Quanti sono i terremoti rilevanti che dal XIII secolo ad oggi hanno interessato le Marche?
«La versione più recente del catalogo sismico italiano ne elenca 45 con magnitudo tra 5.0 e 5.9, e 10 con magnitudo tra 6.0 e 6.9. Il più forte fu il terremoto del 14 gennaio 1703, localizzato in Valnerina (6.92). Per capirsi, un terremoto di magnitudo 6 è trenta volte più forte di uno di magnitudo 5 e uno di magnitudo 7 è novecento volte più forte di uno di magnitudo 5. In Italia dall’anno 1000 in poi si ha notizia di solo nove terremoti di magnitudo superiore a 7, tutti localizzati nel sud».
Quali sono state le località più danneggiate, e quando?
«Considerando solo i capoluoghi di provincia, il livello di danno massimo noto per Ancona è stato raggiunto almeno tre volte, da terremoti costieri (1269, 1690) e da quello di Senigallia del 1930. A Pesaro i massimi danni furono causati da un terremoto del Riminese, nel 1672. Il terremoto del 1741 (Fabrianese), oltre che a Fabriano è responsabile del massimo sismico a Urbino e a Macerata. Macerata ha subito danni della stessa entità anche da terremoti locali (1626, 1809) e dei Monti Sibillini (1951). È locale anche l’origine dei terremoti responsabili dei massimi danni noti per Ascoli (1972) e Fermo (1540). Camerino subì danni gravissimi nel 1279 e nel 1799, Cagli e Apecchio sono state devastate nel 1781».
Quali i danni più gravi causati dai diversi terremoti?
«I terremoti di cui abbiamo informazioni più dettagliate all’interno di certe località (Fabriano nel 1741, San Ginesio nel 1799 per esempio), sono quelli del Settecento, il secolo di massima concentrazione di terremoti nelle Marche. Nel 1741 a Fabriano crollarono 40 case e 800 edifici rimasero gravemente lesionati, furono danneggiate la rocca, la cattedrale, quasi tutte le chiese e i conventi. A Fano nel 1672 la sommità del campanile del duomo crollò sfondando la volta di una cappella, uccidendo diverse persone».
Rispetto al 1997-1998 quali le analogie e quali le differenze?
«Di simile c’è la lunghezza del periodo sismico – che nel 1997-1998 durò circa sei mesi e comprese migliaia di scosse – e la compresenza di numerosi eventi di elevata energia (nel ‘97-‘98 ce ne furono due di magnitudo 5.7 e 6.0 il 26 settembre ‘97 e diversi di magnitudo tra 5.0 e 5.5 nell’ottobre ‘97 e nel marzo – aprile ‘98). Di diverso – oltre alla localizzazione epicentrale e all’andamento della distribuzione degli effetti maggiori – c’è la questione dei «precedenti storici». Spesso si notano somiglianze tra l’andamento dei terremoti in corso e quello di terremoti del passato. Per esempio la sequenza del 1997-1998 ricordava molto il terremoto del 1279. Invece per la sequenza in corso – presa nel suo complesso – non esiste un vero e proprio antecedente storico. L’evento del 24 agosto ricorda il terremoto amatriciano del 1639. Quello del 30 ottobre può avere delle affinità con quello del 1328 (Valnerina). Ma per gli eventi del 26 ottobre nell’area di Visso, Ussita e Castelsantangelo non c’è paragone storico che tenga. Il lavoro di valutazione delle intensità è ancora in corso, ma è possibile che i terremoti di quest’anno siano i massimi storici conosciuti per questi comuni. Un’altra cosa da sottolineare è che – al contrario di quanto si sente dire – la sequenza in corso non è confrontabile con quella del 1703 (due eventi principali, il 14 gennaio in Valnerina, magnitudo 6.9 e il 2 febbraio nell’Aquilano, magnitudo 6.7) che causò effetti molto peggiori su un territorio più esteso dell’attuale. Curiosamente nel 1703, al contrario di quanto accaduto quest’anno, la zona di Visso se la passò molto meglio della Valnerina, come ricorda una lapide nel Santuario di Macereto».