PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

Tela rubata, la versione di Sgarbi: “Esposta una riproduzione in 3D”

Torcia aggiunta al quadro trafugato di Rutilio Manetti, depositata in procura una memoria difensiva. Per l’ex sottosegretario la contraffazione sarebbe “innocua”. Respinta l’accusa di autoriciclaggio

I legali del critico d’arte, Vittorio Sgarbi: Stigmatizzata la 'campagna di disinformazione e delegittimazione, no processi mediatici'

I legali del critico d’arte, Vittorio Sgarbi: Stigmatizzata la 'campagna di disinformazione e delegittimazione, no processi mediatici'

Macerata, 28 novembre 2024 – Respinge le accuse il critico d’arte Vittorio Sgarbi, finito sotto inchiesta per riciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte e autoriciclaggio di beni culturali. Con una memoria depositata nei giorni scorsi in procura a Macerata, ha dato la sua versione sulla vicenda che ruota intorno alla tela di Rutilio Manetti, “La cattura di San Pietro”. La tela seicentesca sarebbe stata rubata nel 2013 da un castello in Piemonte, e poi presentata nel 2021 a Lucca, nella mostra “I pittori della luce” curata da Sgarbi. In quella esposizione, la tela di Manetti sarebbe stata proposta come proprietà dello stesso Sgarbi. Secondo l’accusa mossa dalla procura di Macerata, il quadro esposto a Lucca sarebbe lo stesso rubato in Piemonte, con una piccola modifica, una torcia collocata in alto a sinistra, per coprire una lacerazione della tela provocata dai ladri al momento del furto. Pasquale Frongia, pittore reggiano, ha ammesso con i carabinieri di aver modificato il quadro su incarico di Sgarbi. E la consulenza tecnica avrebbe accertato che i pigmenti usati per la torca sono fatti con colori diversi da quelli usati nel Seicento, e che la tela coincide con i bordi rimasti sul telaio nel castello dove era avvenuto il furto. Dopo il sequestro della tela, Sgarbi si era subito difeso assicurando di averla trovata durante i lavori di restauro nella villa Maidalchina a Viterbo, acquistata da sua madre nel 2000. Ma le indagini tecniche avrebbero smentito questa ipotesi.

I difensori di Sgarbi nei giorni scorsi hanno stigmatizzato la “campagna di disinformazione e delegittimazione” ribadendo la volontà di discutere delle inchieste solo davanti all’autorità giudiziaria, e non in sommari processi mediatici. E appunto questo hanno fatto nei giorni scorsi, depositando la memoria difensiva. In sostanza i difensori sostengono che la contraffazione sarebbe “innocua”, anche perché nella mostra a Lucca sarebbe stato esposto non il quadro ma, per espressa volontà di Sgarbi, solo una riproduzione in 3D, realizzata su commissione del critico d’arte dal laboratorio di stampa G-Lab di Correggio. Gli avvocati negano anche l’accusa di autoriciclaggio, il reato cioè che punisce l’attività finalizzata a dissimulare beni o proventi ottenuti illegalmente, per rendere impossibile rintracciarli o collegarli alle attività criminali da cui provengono. La memoria difensiva sarà ora valutata dal procuratore Giovanni Narbone e dal sostituto Enrico Barbieri, che dovranno decidere chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione. Nel frattempo, la procura di Macerata ha aperto una ulteriore inchiesta su Sgarbi, per la presunta ricettazione di un quadro rubato.