Sparatoria per strada. In manette un pastore. L’accusa è tentato omicidio

L’episodio avvenuto a Cingoli è legato ad alcuni attriti con un gruppo di tunisini. Un ragazzo in prognosi riservata: il proiettile gli ha perforato il polmone.

Sparatoria per strada. In manette un pastore. L’accusa è tentato omicidio

Sparatoria per strada. In manette un pastore. L’accusa è tentato omicidio

Una sparatoria, dopo un inseguimento partito da Staffolo e terminato a Cervidone di Cingoli, ha fatto finire ai domiciliari un pastore 45enne di origini sarde, e in ospedale un tunisino con prognosi riservata per un polmone perforato. Ma il pastore, accusato di tentato omicidio, nega tutto e assicura di non aver mai voluto far del male a nessuno.

L’episodio è avvenuto nel pomeriggio del 25 novembre a Staffolo. Cinque tunisini si sarebbero presentati nell’ovile di Marco Carzedda e se la sarebbero presa con un tunisino che era al lavoro lì. Dopo averlo colpito, si sarebbero accaniti con le mazze da baseball contro una Jeep. Il tunisino avrebbe allora chiamato Carzedda, che sarebbe accorso e avrebbe caricato il dipendente nel furgone per inseguire i cinque. Verso Cingoli, i due gruppi si sarebbero incrociati e Carzedda si sarebbe messo alle calcagna degli altri. Arrivati a Cervidone, il tunisino si sarebbe sporto dal furgone, e con un fucile avrebbe sparato due colpi: uno ha attraversato l’abitacolo uscendo dal parabrezza, un altro avrebb colpito alla schiena uno dei nordafricani, perforandogli il polmone. I cinque a quel punto si sarebbero diretti a tutta velocità all’ospedale di Cingoli, e da lì il ferito era stato portato d’urgenza ad Ancona. Intanto i carabinieri di Cingoli avevano iniziato le indagini: avrebbero raggiunto la casa del tunisino che però si sarebbe barricato dentro, poi saltando da una finestra si sarebbe dileguato. Da allora è latitante. Nella sua abitazione, i militari hanno trovato un fucile da caccia.

Gli accertamenti sono proseguiti anche da parte del Nucleo investigativo e del Reparto operativo della Compagnia di Macerata. I militari hanno ricostruito l’accaduto: una questione legata ai permessi di soggiorno avrebbe creato delle ruggini tra i cinque e il pastore. Poi c’era stato l’episodio del 25 novembre. Il sostituto procuratore Rosanna Buccini ha chiesto gli arresti domiciliari per Carzedda e il suo dipendente, che però è latitante. Al pastore, invece, sabato mattina i militari hanno notificato la misura disposta dal giudice Claudio Bonifazi. Nei prossimi giorni ci sarà l’interrogatorio di garanzia. Carzedda, difeso dall’avvocato Roberto Regni, nega tutto. Non si sarebbe accorto che il dipendente avesse il fucile, e appena quello aveva sparato lui si sarebbe fermato. Avrebbe inoltre accompagnato i militari dal tunisino, non avrebbe alcun rapporto con i cinque e non saprebbe nulla dei motivi di attrito tra i nordafricani.