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Cronaca

Omicidio di Pamela e sparatoria, il sindaco Carancini: "Macerata messa al tappeto"

Delitto Mastropietro e sparatoria di Traini, intervista al primo cittadino: mai più come prima

Il sindaco Carancini

Macerata, 27 gennaio 2019 - «Stiamo ragionando su come affrontare la commemorazione e ancora non c’è nulla di definito. Ma in ogni caso credo che l’unico modo per farlo sia quello di continuare nel percorso intrapreso, non cercando scorciatoie rispetto alle vicende di Pamela e  Luca Traini, perché la convinzione che ho è che non potremmo più essere come prima, ma dobbiamo raccogliere le sfide che quelle due vicende ci hanno posto». Mancano tre giorni al 30 gennaio, giorno dell’omicidio di Pamela Mastropietro che ha segnato uno spartiacque profondo nella vita della nostra città che, come racconta il sindaco Romano Carancini, non potrà più essere quella di prima.

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Sindaco com’è cambiata la città?

«E’ stato un anno che ci ha segnato, in cui Macerata è stata messa al tappeto da due vicende fortissime e drammatiche, ma con molta fatica ci siamo ripresi, cercando di ritrovarci. Non saremo più come prima, perché queste vicende ci accompagneranno sempre, ma sono convinto che se questa comunità non avesse avuto valori profondi e solidi su cui ricostruire la vita collettiva, pubblica e privata, ci saremmo disintegrati. Ora il compito che abbiamo davanti è quello di provare a trarre degli insegnamenti da quanto accaduto. Uno sforzo che viene vanificato da alcune esternazioni».

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A quali esternazioni si riferisce?

«A quelle di alcuni viceministri. Perché il lavoro che si sta facendo è quello di far comprendere che la droga non equivale a immigrazione e che la paura dev’essere sopraffatta. Non possiamo avere paura e rinunciare a dire che l’immigrazione non è illegalità e non è droga. Certo che tra gli immigrati, così come tra gli italiani, ci possono essere situazioni di sfruttamento, ma dobbiamo provare a contrastare la falsa integrazione promossa da Salvini. Non possiamo scoraggiarci, non promuovere continuamente il valore della vita. Il nostro dev’essere un laboratorio della speranza in cui lavorano istituzioni, forze dell’ordine e famiglie, un laboratorio che non ha bisogno di squilli eclatanti, ma di passi quotidiani».

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Una delle accuse rivolta all’amministrazione è quella di aver sottovalutato il fenomeno droga. Crede di aver fatto degli errori?

«La comunità potrebbe aver sottovalutato il fenomeno e, credo che ognuno possa fare autocritica. Per quanto mi riguarda forse avrei dovuto gridare più forte rispetto a un’attività di repressione e ci saremmo dovuti impegnare in maniera ancora maggiore sulla prevenzione, perché ciò che è accaduto ha segnalato un’insufficienza di quanto fatto. Ma anche oggi che l’attenzione è forte, non so se riusciremmo a debellare questo male, certamente occorre tenere alta l’attenzione».

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Lei parla spesso del ruolo delle famiglie per un’educazione al contrasto nell’uso delle droghe.

«Lo spaccio è solo l’ultimo miglio di un lungo percorso che, in questi mesi, ha visto impegnate le forze dell’ordine sul fronte della repressione, cercando di risalire anche alle fonti di approvvigionamento. Poi c’è la prevenzione fatta da tutte le agenzie educative, ma anche il ruolo delle famiglie che devono sentirsi la responsabilità di un miglior rapporto con i propri figli, perché Pamela e Traini pongono in campo temi come la droga rispetto a cui la comunità ha messo la testa sotto la sabbia. Troppo spesso vige l’ipocrisia di dare ad altri la responsabilità, di non cercare dentro la propria vita quotidiana le ragioni di questa sciagura sociale, mentre io credo che questo debba essere un percorso forte da fare».