Ieri è stata staccata dalle pareti di San Claudio a Corridonia la targa che menzionava la sepoltura di Carlo Magno, come deciso dall’arcivescovo Rocco Pennacchio.
Ma la querelle non si spegne. "Che la chiesa di San Claudio sia accessibile a tutti quale luogo sacro, nulla da obiettare. Tuttavia, essa costituisce un unicum tra gli edifici sacri, dal 1902 annoverato tra i monumenti nazionali. L’utilizzo per manifestazioni di interesse culturale non contrarie alla sacralità religiosa è ammesso e la regolamentazione esula dal diritto canonico". Così Piero Giustozzi commenta la decisione dell’arcivescovo di Fermo di liberare il piano superiore di San Claudio, utilizzato dal Centro studi Giovanni Carnevale, e di rimuovere la targa. "La lapide nel 2014 fu posta nel ripostiglio della chiesa inferiore e la Sovrintendenza di Ancona dichiarò non necessaria la sua autorizzazione in quanto situata all’interno della chiesa e non all’esterno – spiega –. Che a distanza di dieci anni si dichiari la mancanza di autorizzazione lascia interdetti. La lapide, per espresso desiderio di Giovanni Carnevale, fu posta alla sua presenza. Se fosse stata una violazione del diritto canonico non l’avrebbe permesso, infatti il vescovo di Fermo non espresse alcuna contrarietà. Certamente ha subito la pressione di divulgatori storici e pseudo studiosi locali. Sgomberata la chiesa superiore, continuerò con i soci del Centro studi San Claudio a intrattenere i visitatori e non tralasceremo l’importanza del territorio nel quale insisteva la città romana di Pausula".