CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Rigopiano, l’ira dei familiari per le assoluzioni "Una vergogna, li hanno uccisi un’altra volta"

La mamma di Bonifazi: sono schifata, se nessuno ha sbagliato allora come è morto mio figlio? Il fratello di Tanda: hanno perso tutti gli italiani

Rigopiano, l’ira dei familiari per le assoluzioni "Una vergogna, li hanno uccisi un’altra volta"

di Chiara Gabrielli

Venticinque assoluzioni e cinque condanne lievi. Tutto avrebbero immaginato i famigliari delle vittime di Rigopiano tranne un epilogo di questo tipo. E invece, la sentenza di primo grado al tribunale di Pescara scende su di loro come una doccia gelata intorno alle 17 di ieri, portando con sé malori, proteste, lacrime, grida di dolore tra i parenti in aula. "Vergogna – urlano ai giudici, che vengono scortati fuori da un cordone di polizia –, oggi, qui, è morto lo Stato italiano. Se tutti sono assolti, per colpa di chi sono morti i nostri figli?". Sono trascorsi sei anni e un mese dalla strage nel resort di lusso che provocò 29 morti, tra loro due maceratesi, Emanuele Bonifazi, 31 anni, di Pioraco, che nell’hotel lavorava come receptionist, e Marco Tanda, 25 anni, di Castelraimondo, pilota Ryanair, che a Rigopiano era andato a trascorrere qualche giorno di vacanza con la fidanzata, Jessica Tinari, anche lei rimasta uccisa sotto quelle macerie.

"Un disastro, un disastro totale. Quasi tutti assolti. È come se ce lo avessero ammazzato una seconda volta – il primo commento di Egidio e Paola Ferretti, genitori di Emanuele, la voce strozzata dal pianto sul piazzale del tribunale –. Torniamo a casa con la morte nel cuore. Non si tratta solo delle vittime o di noi parenti. Oggi, qui, hanno scritto una pagina di storia pessima, che non fa onore all’Italia e non ci fa essere orgogliosi di essere italiani. È mancato il coraggio di dimostrare agli italiani che tragedie come questa possono e devono essere evitate". Una promessa: "Dateci tempo di riprenderci, poi ricominciamo la nostra battaglia. Fino alla fine. Puntiamo sull’Appello, non ci arrenderemo mai". La lunga giornata di ieri inizia con un enorme striscione davanti al tribunale di Pescara, sopra le foto di tutte le vittime e una scritta: "Mai più". Dentro l’aula, 29 sedie vuote, su ciascuna è sistemata una maglietta bianca con il volto di "ciascuno dei nostri 29 angeli", raccontano i parenti. "Così era come se fossero tutti lì, ad ascoltare una sentenza tanto attesa in questi lunghissimi anni", spiega Egidio Bonifazi. I famigliari sono tutti in aula come sempre, accanto a loro i superstiti. "Oggi è un giorno felice perché dopo tanta attesa sapremo la verità", il commento, ieri mattina, di uno dei sopravvissuti, Giampaolo Matrone, che nella strage del 18 gennaio 2017 perse la moglie, fu tirato fuori dopo 62 ore sotto le macerie. C’è tensione, ma il clima è sereno, i famigliari sono pieni di speranza e di fiducia. Nel processo con rito abbreviato, l’accusa aveva chiesto complessivamente 150 anni di carcere per i 30 imputati (29 persone fisiche e una persona giuridica), tra cui Regione, Provincia, Prefettura, Comune di Farindola, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio, abusi edilizi. Passano le ore, arriva la lettura della sentenza: cinque condanne lievi (la più pesante è di 3 anni e 4 mesi), per il resto tutti assolti. E scoppia la rivolta dei famigliari, impossibile – diranno poco dopo – contenere la rabbia davanti a una decisione senza senso come questa.

Da sei anni, la mamma di Emanuele Bonifazi porta al collo la catenina con la foto del figlio, non la toglie mai: e da sei anni, ogni giorno, chiede giustizia per lui e le altre vittime. "Se nessuno ha sbagliato, allora com’è morto mio figlio? È come se oggi ce l’avessero ucciso di nuovo – il pensiero a caldo di Paola Ferretti –. Abbiamo gridato ‘vergogna’, questo sì, ma ho evitato di fare sceneggiate, pure se sono a pezzi, pure se sento di impazzire, mi sono detta che non mi toglieranno anche la dignità. Sono schifata da una sentenza simile. Ci aspettavamo, certo, qualche assoluzione, non ci eravamo illusi più di tanto. Ci saremmo aspettati qualche brutta sorpresa, insomma, ma non questa roba. È come se i giudici avessero detto ‘Può succedere di tutto ma tanto nessuno avrà la responsabilità di nulla’. La nostra delusione è totale. Andrò a rimuovere la bandiera italiana dal totem del resort, non è degna di stare in quel posto, accanto ai nostri angeli". "Oggi abbiamo toccato il fondo, peggio non poteva andare, scenario peggiore non avremmo saputo immaginare – il commento di Egidio –. Un avvocato, vicino a noi, ha detto che dopo una sentenza così gli viene voglia di lasciare la professione. D’ora in poi – l’ironia amara del papà di Emanuele – tutti potranno fare quello che vogliono, tanto sanno che in ogni caso se la caveranno. D’ora in poi, si potrà rispondere al telefono ancora una volta ‘La mamma degli imbecilli è sempre incinta’ a chi sta chiedendo aiuto, potrà farlo qualsiasi funzionario, tanto poi non pagherà per questo".

"Oggi non ce la faccio a parlare – è distrutto Luca Tanda, fratello di Marco e presidente del comitato Vittime di Rigopiano –, le persone dopo la sentenza sono venute a dirmi che provano dispiacere per noi. Ho risposto: ‘No, a me dispiace per voi. Perché con una sentenza come questa passa il messaggio che tutti possono fare quello che vogliono, tanto non ci saranno conseguenze’. Nessuno è più al sicuro. Ecco perché mi dispiace sì per noi, ma anche per tutti gli italiani". Condannati l’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a 2 anni e 8 mesi per omicidio plurimo colposo per la "omissione dell’ordinanza di inagibilità e di sgombero dell’hotel", a 3 anni e 4 mesi Paolo D’Incecco, idem Mauro Di Blasio, ritenuti responsabili nel ruolo di dirigenti della Provincia in relazione al "monitoraggio della percorribilità delle strade e alla pulizia notturna della neve", all’ex gestore dell’albergo della Gran Sasso Resort Bruno Di Tommaso e al redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta di Gran sasso spa di intervenire sulle tettoie e verande dell’hotel Giuseppe Gatto 6 mesi ciascuno. Tra gli assolti, l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.