CHIARA MARINELLI
Cronaca

"Quadro rubato e taroccato". Chiusa l’indagine su Sgarbi, ora rischia fino a dodici anni

Per il critico l’accusa è di riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte. La vicenda è quella del dipinto seicentesco di Manetti sparito e riapparso con una modifica.

"Quadro rubato e taroccato". Chiusa l’indagine su Sgarbi, ora rischia fino a dodici anni

Per il critico l’accusa è di riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte. La vicenda è quella del dipinto seicentesco di Manetti sparito e riapparso con una modifica.

Riciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte e autoriciclaggio di beni culturali. Sono queste le accuse che la procura di Macerata ha formalizzato nei confronti del critico d’arte Vittorio Sgarbi, al quale è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini. La vicenda è quella della tela seicentesca rubata nel 2013 da un castello e che poi sarebbe riapparsa nove anni dopo a Lucca nella mostra "I pittori della luce" curata da Sgarbi , come opera di sua proprietà, del tutto identica. Se condannato, Sgarbi rischierebbe per questo una condanna da 4 a 12 anni di carcere. Due i punti salienti nelle indagini condotte dal procuratore capo Giovanni Fabrizio Narbone e dal sostituto Enrico Barbieri: il primo è la perizia svolta sull’opera ("La cattura di San Pietro", attribuita a Rutilio Manetti), dove risulta essere stata fatta un’aggiunta posticcia, una torcia, nella parte in alto a sinistra della tela, eseguita con pigmenti di produzione industriale, ben diversi dai colori usati nel Seicento. Il secondo è l’interrogatorio di Pasquale Frongia, pittore reggiano, al quale Sgarbi avrebbe commissionato la modifica al dipinto.

Le indagini condotte dal Reparto Operativo dei carabinieri Tutela patrimonio culturale erano partite in seguito ad alcune dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale e poi confluite nel procedimento in questione, che hanno determinato l’apertura di un nuovo versante d’indagine riguardante l’opera che raffigura "La cattura di San Pietro", ricevuta e restaurata dal libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi. Da preliminari accertamenti, i carabinieri ipotizzavano che il dipinto potesse corrispondere a quello censito nella banca dati delle opere d’arte illecitamente sottratte, come provento di furto commesso da ignoti il 14 febbraio del 2013 in un castello di Buriasco, Torino, ai danni di un privato. Determinante l’esito della perquisizione eseguita a carico del critico d’arte, nel corso della quale era stata rinvenuta l’opera del Manetti, e anche la sua copia in 3D. Erano stati sequestrati la cornice, il telaio e frammenti di tela, lasciati dagli autori del furto nel castello: elementi poi finiti sotto la lente di un consulente tecnico. L’opera, restaurata, risultava essere proprio quella rubata, sebbene il dipinto presentasse l’aggiunta di una torcia. Secondo le indagini, l’operazione di aggiunta sarebbe stata commissionata direttamente da Sgarbi a Frongia, contraddicendo la versione fornita in precedenza dal critico d’arte sulla provenienza del dipinto: un rinvenimento casuale nella villa Maidalchina di Viterbo, acquistata dalla sua famiglia nel 2000. Gli accertamenti tecnici hanno permesso di appurare che il dipinto, per materiali, tecnica di esecuzione e morfologia del degrado, coincide con i frammenti consegnati da chi ne aveva denunciato il furto. Riscontrate anche la correlazione dello schema di assemblaggio delle pezze di tela su cui è stato realizzato il dipinto con i frammenti presenti sulla cornice, la perfetta sovrapponibilità dei bordi della tela con quelli ancora presenti sul telaio e la corrispondenza del frammento che si era staccato al momento del furto. L’attività d’indagine ha permesso, inoltre, di accertare che nella mostra "I Pittori della luce, da Caravaggio a Paolini", curata dallo stesso Sgarbi e allestita a Lucca da dicembre 2021 a ottobre 2022, al posto dell’opera originale era stata esposta, su commissione del critico d’arte, la copia in 3D realizzata dal laboratorio di stampa G-Lab di Correggio.