di Paola Pagnanelli
Nel 2020 sono aumentate del 79,5%, rispetto al 2019, le chiamate al numero 1522. E il dato regionale è ancora più allarmante in provincia di Macerata, dove si è registrato l’anno scorso il più alto numero di donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza, e dove sono raddoppiate le prese in carico. È una "pandemia ombra", quella che si è registrata nel 2020. A citare questa definizione è il rapporto sulla violenza di genere nelle Marche del 2020, stilato dall’Agenzia sanitaria regionale col contributo della Regione e del coordinamento regionale degli enti gestori dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Il Covid è indicato come elemento dirompente nell’analisi. "Il confinamento forzato per il lockdown, l’isolamento, la perdita di lavoro che ha riguardato soprattutto le donne e la conseguente maggiore dipendenza economica, tutti elementi propri delle strategie messe in atto dai maltrattanti per esercitare il controllo sulle vittime e isolarle, hanno determinato da una lato una notevole difficoltà per le donne a rivolgersi ai servizi di supporto e dall’altro una iniziale difficoltà degli stessi servizi a gestire quanto stava accadendo". Nel 2020, le chiamate al numero nazionale sono aumentate del 79,5%. "Il boom si è avuto dalla fine di marzo, con picchi ad aprile (più 176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e maggio (più 182,2% rispetto a maggio del 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica. Nella settimana tra il 23 e il 29 novembre 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (più 114,1% rispetto al 2019)". Guardando al numero di casi regionali, Macerata ha la poco onorevole prima posizione, con 131 casi su un totale marchigiano di 483; seguono Ancona con 123, Pesaro con 118, Ascoli con 69 e Fermo con 42. Le 131 donne che hanno chiesto aiuto a Macerata sono in maggioranza italiane, 87. La fascia di età più coinvolta va da 30 a 49 anni. "Nel 39% dei casi regionali la vittima è coniugata eo convivente, nel 22% è separata o divorziata. Quindi il 61% delle vittime ha o ha avuto una relazione significativa. Il 61% ha il diploma o la laurea. Il 40% è occupata in modo stabile, il 35% è pensionata". L’analisi ha compreso anche i dati degli uffici giudiziari. "Tra il primo agosto 2019 e il 31 luglio del 2020, a cavallo del lockdown, la percentuale dei procedimenti iscritti per maltrattamenti contro familiari e conviventi è aumentata dell’11% a livello nazionale, con un sensibile incremento delle denunce tra il primo gennaio e il 31 maggio 2020". Il report segnala anche che molte vittime di violenza vivono con i figli, a loro volta bisognosi di una protezione ancora più attenta. Il denunciato è prevalentemente di origine italiana (84% dei casi), tra 30 e 60 anni, la metà di loro ha un lavoro stabile o la pensione. "Sommando mariti, ex mariti, fidanzati, ex fidanzati, conviventi ed ex conviventi, risultano 381 gli uomini con rapportirelazioni di coppia con la vittima, il 79%. La violenza degli uomini contro le donne si manifesta e trova le spiegazioni in un contesto di coppia, in cui però la relazione poggia sul rapporto di prevaricazione dell’uomo sulla donna.