Macerata, 13 febbraio 2021 - "Io sono uscito. Quando sono tornato a casa, mia madre mi ha detto che c’era stato un incidente con nonna. Io non ho voluto sapere nulla. Mi ha chiesto di dire che c’era stato un rapinatore, e dato che mia madre e mio nonno sono le uniche persone a cui voglio bene, ho accettato di fare come diceva lei". Questo aveva dichiarato Enea Simonetti alle 5 del mattino del 25 dicembre: per l’accusa, dopo avere ucciso la nonna Rosina Carsetti, avrebbe accusato la madre.
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E la madre Arianna Orazi – "regista di questa vicenda", come l’ha definita il procuratore capo, Giovanni Giorgio – avrebbe valutato, nel caso le cose si fossero messe male, di scaricare la colpa sul padre Enrico Orazi. "La sera del 24 dicembre – ha spiegato il procuratore Giorgio –, i familiari di Rosina sono stati portati nella caserma dei carabinieri, perché spiegassero cosa era successo". "Una cosa che ha colpito subito tutti – ha aggiunto il colonnello Nicola Candido, comandante provinciale dei carabinieri – è stata che, oltre ad alcune contraddizioni e lacune nelle versioni dei tre, nessuno dicesse nulla della vittima, nessuno faceva una considerazione sulla morte di un congiunto stretto".
Come gli altri, Enea quella notte viene sentito più volte. La prima fa un racconto dettagliato: dice di essere andato a Macerata, illustra il tragitto e lo motiva con la necessità di esaminare alcuni immobili. Poi però alle 5 ritratta. "Ha dichiarato che non c’era stata alcuna rapina – ha detto il procuratore capo Giovanni Giorgio –, ma che lui aveva aderito alla messa in scena pensata dal nonno e dalla madre, perché lui voleva bene solo a loro due". Così Enea aveva dato un’altra versione: lui era uscito, c’era stato un incidente tra madre e nonna, che non andavano d’accordo. A quel punto era stato fermato il verbale, Enea era passato da testimone a indagato. "Ma ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, verbalizzate e firmate, per ribadire che non c’era stata alcuna rapina".
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Tornato dalla madre, però, era stato redarguito. "Ma come può essere stato un incidente uno strozzamento", gli avrebbe detto Arianna. "Fino a quel momento, nessuno aveva parlato di strozzamento – ha spiegato il procuratore –. Arianna ordina al figlio di non dire mai cosa aveva fatto: "Alla fine, semmai, se la prenderanno con nonno Enrico. Tu devi negare fino alla fine, fino alla morte". Quando però a un certo punto viene fuori che Rosina aveva 14 costole e la clavicola fratturata, gli indagati si allarmano. "Non può averlo fatto una persona del peso di 70 chili", avrebbe detto Arianna al figlio.
"Per questo – ha chiarito il procuratore – a un certo punto abbiamo fatto pesare tutti e tre. Enrico Orazi pesava 70 chili". Gli indagati avrebbero capito che le lesioni non potevano essere opera di un anziano e si sarebbero preparati a superare questo ostacolo. Durante un’altra conversazione intercettata, Enea si sarebbe vantato con la madre "di avere dato due sganassoni in faccia al nonno, uno molto violento, e del macello fatto in mansarda per simulare la rapina".
Anche Enrico Orazi, nelle intercettazioni, ha confermato che non c’era mai stata alcuna rapina. "Enrico ha chiesto perdono a Dio per quello che aveva fatto – ha chiarito il procuratore –, dicendo che aveva fatto quello che gli avevano chiesto solo perché non poteva fare diversamente". Anche lui aveva aderito al piano che, per l’accusa, era stato architettato e diretto da sua figlia.