Civitanova Marche, 25 maggio 2023 – Una nuova perizia psichiatrica su Filippo Ferlazzo, per chiarire se quando colpì a morte l’ambulante Alika Ogorchukwu fosse capace di intendere e di volere, e quindi punibile per omicidio, oppure no. È il colpo di scena con cui si è chiusa l’udienza di ieri davanti alla corte d’assise, sui fatti avvenuti lungo corso Umberto I di Civitanova il 29 luglio scorso. Nell’udienza precedente, sul punto si erano confrontati i consulenti della procura e dell’accusa e il perito nominato dal tribunale in fase di indagini. Secondo quest’ultimo in particolare, lo psichiatra Gianni Giuli, Ferlazzo era capace di intendere e di volere, nonostante le sue patologie e l’uso di stupefacenti, elementi per i quali era stato dichiarato invalido al cento per cento.
La psicologa Maura Vagni aveva invece sottolineato che l’imputato era in trattamento psichiatrico da dieci anni per il disturbo bipolare, problema che gli causava l’incapacità di gestire le pulsioni emotive, patologia acuita poi dall’abuso di sostanze. L’avvocato difensore Roberta Bizzarri e il sostituto procuratore Claudio Rastrelli avevano depositato le relazioni della comunità a doppia diagnosi dove Ferlazzo era stato ricoverato per due anni, e i documenti sui trattamenti sanitari obbligatori subiti a Salerno. Poi il difensore aveva sollecitato una nuova perizia psichiatrica. Alla luce di tutto questo ieri la corte d’assise, presieduta da Roberto Evangelisti con a latere il giudice Federico Simonelli, ha disposto una perizia d’ufficio, che sarà affidata nella prossima udienza, il 7 giugno, al professor Renato Ariatti dell’Università di Bologna, per chiarire la questione della capacità dell’imputato, fondamentale per procedere: la persona incapace di intendere e di volere non può essere condannata, ma solo trattenuta in strutture adeguate a contenere la sua eventuale pericolosità.
Nel corso dell’udienza di ieri, la corte ha ascoltato anche il dottor Andrea Dell’Acqua, che aveva seguito a Salerno Ferlazzo dal 2018 al 2020, per il disturbo bipolare e l’abuso di cannabinoidi e crack. Il processo ha poi affrontato la questione della causa della morte dell’ambulante nigeriano 39enne. Il pubblico ministero Claudio Rastrelli ha chiamato sul banco dei testimoni la dottoressa Ilaria De Vitis, medico legale che fece il primo sopralluogo dopo l’omicidio sul corpo di Alika e poi l’autopsia, il 2 agosto. Secondo il medico legale, la causa della morte era stata l’asfissia, documentata dalla spaccatura degli alveoli polmonari. L’uomo aveva anche la milza spaccata in due, ma per la consulente della procura questo era stato solo un elemento concomitante, non una delle cause della morte.
L’avvocato difensore Roberta Bizzarri ha invece chiamato il medico legale Alessia Romanelli, secondo la quale l’emorragia causata dal trauma alla milza era stata la causa della morte; la consulente ha rilevato la mancanza di una misurazione del sangue versato dall’organo e l’analisi istologica, da parte del consulente della procura, spiegando che questi dati avrebbero potuto chiarire la dinamica dell’omicidio. Sul punto ha discusso anche l’avvocato Francesco Mantella, parte civile per la vedova, il figlio e i familiari della vittima, chiedendo chiarezza sui gesti che avrebbero portato alla morte del nigeriano. Il processo è stato quindi rinviato al 7 giugno, per la nomina dello psichiatra. Il perito avrà qualche settimana di tempo per analizzare Ferlazzo e poi depositare le sue conclusioni, sulla base delle quali si vedrà come valutare la vicenda.