PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

Nonna Peppina, la casetta è salva. Cade l’accusa di abuso edilizio

La terremotata di Fiastra sfrattata a 95 anni. Assolti la figlia, il genero e il titolare dell’impresa edile

Giuseppa Fattori (nonna Peppina) nella casetta di San Martino di Fiastra (foto Calavita)

Giuseppa Fattori (nonna Peppina) nella casetta di San Martino di Fiastra (foto Calavita)

Fiastra (Macerata), 29 ottobre 2019 - Nessun reato per la casetta abusiva di nonna Peppina, l’anziana di Fiastra che non voleva lasciare la sua terra. Il tribunale di Macerata ha infatti dichiarato ieri che «il fatto non costituisce reato», assolvendo i committenti, Gabriella Turchetti e Maurizio Borghetti – la figlia e il genero dell’anziana –, e il titolare dell’impresa edile, Giuseppe Galletti di Fiastra.

La vicenda era esplosa nel settembre del 2017, ed era diventata un caso nazionale. I carabinieri forestali avevano sequestrato la casetta di legno che Giuseppa Fattori, all’epoca 95enne, si era fatta costruire a due passi dalla sua, distrutta dal terremoto. Dopo il terremoto, l’anziana era stata ospitata dalle figlie Agata, a Civitanova, e Gabriella, a Castelfidardo. Ma il suo desiderio era sempre stato di tornare, e così in primavera, con una scusa, si era fatta accompagnare a San Martino di Fiastra da un parente, e poi era rimasta lì, riaprendo il container che la famiglia aveva preso nel 1997, intenzionata a non andare più via dalla frazione, dove aveva vissuto con il marito e le figlie per 75 anni .

LEGGI ANCHE Nonna Peppina ricoverata in ospedale I mesi nel container erano stati pesanti, prima al freddo e poi con il caldo e l’umidità. Così le figlie in tutta fretta le avevano fatto costruire una casetta di legno in un loro terreno lì vicino, edificabile. Ad agosto, era tutto pronto. Ma una denuncia anonima fece arrivare i carabinieri forestali e mettere i sigilli alla casetta, sfrattando l’anziana (video).

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La casetta infatti, per quanto le figlie avessero fatto il possibile per rispettare le norme, era stata costruita prima che arrivasse l’autorizzazione paesaggistica, un vizio insanabile sanzionato penalmente. E così per la pensionata era cominciato un incubo.

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«Non mi sarei mai aspettata questo trattamento, dopo avere lavorato tutta la vita come una bestia. Ma io da qui non me ne vado», aveva dichiarato Peppina. Divenuta il simbolo di tutti i terremotati che, in attesa di case e casette, si erano trovati una soluzione fai da te in emergenza, per continuare a lavorare e non abbandonare le proprie cose, l’anziana aveva mobilitato intorno a sé moltissima solidarietà da tutta Italia, «portando sulle sue fragili spalle la battaglia di tutti gli sfollati», aveva commentato il genero Maurizio Borghetti.

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C’erano voluti unidici mesi però perché, tra i ricorsi e le bocciature, alla nonnina fosse concesso di rientrare nella casetta, tra le persone che conosceva da sempre. Intanto, la sua battaglia ha prodotto diversi provvedimenti legislativi, chiamati proprio «Salva Peppina». E grazie a questi alla fine il processo ieri si è chiuso. Come hanno spiegato ieri gli avvocati Luca Belardinelli, per Galletti, e Bruno Pettinari per Turchetti e Borghetti, l’articolo 8 bis della legge 89 del 2018 aveva previsto una serie di adempimenti per regolarizzare le casette abusive dei terremotati, dichiarate lecite fino a quando questi non riavranno le loro case. E la casetta di nonna Peppina a Fiastra aveva tutti i requisiti. Dunque, alla luce di questo, il giudice Vittoria Lupi ha assolto i tre imputati, «perché poi il fatto non costituisce reato.