
La testimonianza di un paziente: dalle volontarie un supporto essenziale
A rendere omaggio al lavoro dell’Hospice "Il glicine", in occasione dei suoi dieci anni di attività, anche due testimonianze di chi ha vissuto la cura e il supporto della struttura in prima persona. "Grazie a questa ricorrenza sono tornato in città dopo tanto tempo – ha raccontato Aldo, paziente seguito dall’Hospice, nella sala Castiglioni della Mozzi Borgetti – e posso dare il merito al supporto delle cure palliative, che prima non conoscevo. Dopo aver trascorso un periodo a rischio in Pneumologia non riuscivo a fare nessun movimento da solo senza cadere in affanno: le cure palliative mi hanno aiutato, mi hanno ridato la voglia di tutto. Se all’inizio avevo bisogno di due persone che mi aiutassero ad alzarmi e sedermi, adesso riesco a farlo da solo; mi taglio la barba, mi sistemo, riesco a muovermi per casa e fare quello che mi serve. Sono arrivato alla condizione di riuscire a stare in macchina con la carrozzina per andare a vedere i miei ulivi e quello che prima era il mio orto". Il ringraziamento di Aldo tocca poi i volontari, che supportano attivamente anche la sua famiglia. "Quando mia moglie parla con le volontarie sento che sorride, godendo di un supporto essenziale senza il quale nemmeno io sarei al punto in cui sono. Per questo reputo l’Hospice indispensabile, e lo ringrazio per il suo operato".
A sottolineare l’aiuto pratico ed emotivo ricevuto anche Laura che, accanto al figlio Marco, ha ricordato la cura dedicata dall’Hospice al marito Claudio fino alla sua scomparsa. "La sua voce continua a parlare attraverso la sua testimonianza e le considerazioni fatte durante la sua permanenza in Hospice – ha spiegato Laura –. Grazie a quell’ambiente e ai suoi volontari si era accorto che una malattia terminale non implica che non ci sia più nulla da fare. Nella struttura si sentiva a casa, accolto e ascoltato nei momenti di decisione. Grazie a questo ha potuto mantenere la sua serenità, la sua forza e la sua dignità. Il ringraziamento maggiore – ha concluso la donna – va ai professionisti amorevoli che lavorano ogni giorno, non solo con e per il paziente, ma sostenendo tutti i componenti della famiglia che vivono il percorso con il malato".
Martina Di Marco