In provincia di Macerata, sulla base delle iscrizioni 2023, sette bambini su cento non frequentano la scuola dell’infanzia. È il dato più alto delle Marche, superiore alla media nazionale (6%), regionale (4,9%) e a quello di tutte le altre province della regione: Pesaro 4,5%, Ancona 5%, Ascoli 0,7%, Fermo 6,2%. È questo il quadro che emerge dal rapporto Bes dell’Istat, disegnato da Infodata Il Sole24ore. La denatalità, però, non c’entra, almeno per adesso.
Anche perché, nello stesso tempo, per poter portare un figlio all’asilo nido bisogna mettersi in coda, visto che non ci sono abbastanza posti. E se poi i posti ci sono, si rischia comunque di rimanere fuori per l’alto costo delle rette: mediamente sui 500 euro mensili nei nidi comunali per una famiglia media con Isee di 30mila euro, e anche mille in quelli privati. Dunque, sette bambini su 100 entrano in prima elementare senza aver mai frequentato la scuola, una tendenza in aumento, in linea con quanto accade in tutta Italia, sebbene più marcata: "I bambini fuori dal sistema di istruzione – rileva Il Sole24Ore – sono oggi il triplo di quanti erano nel 2014: il 6%, contro il 2,1% di dieci anni fa". È vero che la scuola dell’Infanzia, la materna come qualcuno ancora oggi la chiama, non è obbligatoria per legge, ma solo un’offerta per i bambini dai 3 ai 6 anni. Tuttavia, oltre agli indubbi effetti positivi che derivano dal frequentarla, in particolare in termini di socializzazione, già nel 2021 l’Unione Europea ha previsto l’innalzamento al 96% della quota di bambini tra 3 anni e la scuola primaria obbligatoria (elementari) che entro il 2030 dovrebbe partecipare all’educazione e cura della prima infanzia. Ma cosa di nasconde dietro a questo trend discendente? Diversi sono i fattori che incidono. "Sicuramente gioca un ruolo la vaccinazione: la legge 119 del 2017 impone l’obbligo di dieci vaccinazioni per i minori fino a sedici anni. Il figlio di una famiglia che decide di non vaccinarlo viene escluso. Il 5% dei bambini di tre anni risulta non vaccinato contro morbillo, parotite e rosolia, tetano, epatite B, difterite e nemmeno contro la poliomelite", rileva Infodata. E nella nostra provincia, al di là del caso specifico del Covid, c’è una nutrita quota di famiglie che di vaccinazioni semplicemente non vogliono sentir parlare.
Va anche considerato, poi, che ci sono gli asili parentali – non rilevati dall’Istat – quelli cioè messi in piedi dai genitori che scelgono di educare i loro figli a casa (anche se spesso questi asili sono gestiti da cooperative). E non mancano i casi legati al fatto che le madri non abbiamo un lavoro oppure che l’hanno perso: avendo disponibilità di tempo, ritengono che possono seguire il proprio figlio senza iscriverlo alla scuola dell’infanzia. Scelta legittima, anche se studi e indagini svolte nel corso degli anni ne hanno più volte evidenziato l’importanza nella crescita e nella crescita e nella formazione del bambino.