Macerata, 21 dicembre 2024 – Una storia d’amore, dolore e speranza. Inizia tutto due giorni prima del Natale 2010. La maceratese Eleonora Natali aspetta un bambino e, con il marito Andrea Parolisi, esegue l’ecografia morfologica.
“Pensavamo di portarci a casa le prime foto a colori del nostro piccolino e passare il Natale più bello. Invece l’ecografia evidenziò la presenza di alcune masse al cuore chiamate rabdomiomi cardiaci e per la prima volta si presentò la possibilità che il nostro bambino fosse malato: sclerosi tuberosa, ci dissero”.
Adesso quello scriccioletto ha 13 anni. E ieri pomeriggio, accompagnato da tutta la famiglia, mamma, papà e i due fratelli, Mattia di 10 anni e Elia di 5, è stato in televisione nel programma Studio Fondazione Telethon su Rai 3.
Da sabato scorso a domani, infatti, va in onda la 35esima edizione della maratona televisiva Telethon sulle reti Rai per sostenere la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Come la sclerosi tuberosa, detta anche sindrome di Bourneville, dal medico francese che per primo l’ha identificata.
“I primi due anni di vita di Nicola li abbiamo passati più in ospedale che a casa”, racconta mamma Eleonora, architetto, che lavora nello studio di famiglia (il marito è ingegnere) e che da un paio di anni è anche insegnante di sostegno. “Ho fatto il corso per capire cosa si vive dall’altra parte, dal punto di vista di chi educa e si occupa dei nostri figli”, dice. “È molto difficile il processo di accettazione della malattia, anzi io lo chiamo più che altro adattamento, perché non si accetta mai di vedere stare male il proprio figlio. Ma bisogna riconoscere la situazione. E se oggi siamo qua è sia per sensibilizzare sull’importanza della ricerca, perché non esiste ancora una cura specifica, sia per dare un messaggio di speranza: nonostante tutto, si può e deve avere una vita degna e piena”.
Come avete scoperto la malattia?
“Durante l’ecografia morfologica la diagnosi non era ancora certa. Abbiamo deciso di portare avanti la gravidanza. Quando è nato Nicola pesava 3,805 kg, bello come il sole e apparentemente sano come un pesce. Invece piano piano gli esami hanno evidenziato altri segni clinici della malattia e, a venti giorni di vita, la diagnosi purtroppo è stata conclamata dalla risonanza magnetica cerebrale e più avanti confermata dall’indagine genetica. Le prime crisi epilettiche si sono presentate quando aveva tre mesi. Con la sclerosi tuberosa le cellule si sviluppano in maniera anomala e vanno a creare dei tumori benigni in tanti organi, come cuore, cervello, reni, occhi, anche cute. Mio figlio ha una forma severa”.
Cosa è cambiato in questi anni sul fronte della ricerca?
“Tredici anni fa le cose erano diverse: la scienza, per fortuna, va avanti. Ora si può giocare d’anticipo, con la diagnosi precoce. I neonati vengono monitorati attraverso elettroencefalogramma e, alle prime alterazioni elettriche, si agisce con il farmaco di prima scelta. Per un bambino di pochi mesi questo è determinate, permette di evitare danni permanenti. Poi è stato sperimentato un farmaco molto efficace, Nicola lo assume da un paio d’anni: riduce tutte le manifestazioni della malattia, come le masse e le crisi epilettiche. Abbiamo registrato un grande miglioramento nella qualità della sua vita. La ricerca resta la nostra unica speranza. Questo farmaco infatti agisce sugli effetti, ma ad oggi non esiste ancora una cura. Per questo ci stiamo mettendo in prima linea”.
Quali sono le passioni di Nicola?
“Frequenta la seconda media (è indietro di un anno perché ha fatto quattro anni all’infanzia anziché tre), con un orario elastico perché la malattia comporta disturbi del sonno. Comunque si trova bene a scuola e con i compagni. Nicola adora viaggiare, su qualsiasi mezzo: bus, auto, bici con cassone ecc. Un paio d’anni fa siamo stati a Copenaghen e non voleva scendere dall’aereo. Poi ama ascoltare la musica, strimpella la tastiera e si diverte con l’armonica a bocca”.
Cosa si sente di dire alle altre famiglie?
“Ricevere la diagnosi di una malattia rara è come essere travolti di colpo da una valanga. E ancora oggi, quando Nicola passa dei momenti difficili, mi capita di vedere tutto buio. Far parte dell’Associazione Sclerosi Tuberosa, che ha delegati in tutta Italia, non fa sentire soli; tra genitori parliamo la stessa lingua, ci diamo supporto. Vorrei dire che Nicola ci ha reso persone migliori, indubbiamente. Quella che sono oggi lo devo a lui, sono diventata mamma con lui. Non saprei immaginarmi diversamente”.